Sono stati di parola gli Amorphis: eccoci alla terza parte della trilogia sul Kalevala, raccolta di poemi nazionali finnici presa a fonte di ispirazione dai nostri per "Eclipse", "Silent Waters" e, appunto, il nuovo "Skyforger". Il progetto vocalist e frontman Tomi Joutsen si è quindi compiuto: vediamo di capire se il risultato è degno della fama del gruppo oppure no.

Il disco ruota attorno alle vicende del Sampo, oggetto prodigioso forgiato nelle fucine alla base dell'albero della vita dal fabbro Ilmarinen, e della sua sparizione ad opera della strega Louhi. Non mi dilungo ulteriormente nella storia per due motivi: non sono (purtroppo) perfettamente a conoscenza dei dettagli delle vicende "originali" (tramandate cioè dai testi originali), e voglio che chi ascolterà il disco possa interpretare da solo la storia, seguendo le liriche composte dai nostri.

Musicalmente l'album si pone a metà strada tra "Eclipse" e "Silent Waters". Vi anticipo subito che per me quest'ultimo è il miglior disco della band da un po' di tempo a questa parte (da quando in pratica il gruppo ha cambiato corso e sonorità), ma "Skyforger" lo segue tranquillamente a breve distanza, eguagliandolo per emozioni e eticità espresse.

Joutsen non rinuncia alle parti aggressive e al growl: ne limita l'uso, questo sì, ma si dimostra come sempre un cantante eccezionalmente versatile, capace di passare con disinvoltura tra più registri espressivi, modulando la propria voce per toccare anche le corde più nascoste. Esa Holopainen e Tomi Koivusaari da par loro fanno faville, macinando riff ora power, ora progressive, ora death, evitando i rallentamenti che avevano a tratti dipinto il precedente "Silent Waters" di tinte tendenti al doom. Per tutti i solchi del disco si respira un'aura violentemente melodica (perdonatemi l'ossimoro), una grande espressività e passione trasmessa sin dalla prima traccia, "Sampo". Un'apertura coi fiocchi, che molto deve ai due dischi precedenti, e un proseguo del pezzo coinvolgente e epico, con un ritornello davvero trascinante e una struttura generale che più volte (e sarà una costante anche per altri pezzi) abbraccia sonorità progressive settantiane.

La successiva "Silver Bride" è il brano usato da apripista per "Skyforger", e ascoltandola capirete da soli perché: contiene tutti gli elementi che finora hanno caratterizzato i nuovi Amorphis, tutti riuniti in un pezzo tutto sommato corto, ma di grande impatto.

Il lato rabbioso dei nostri ancora non è completamente emerso, se non a tratti: bisogna aspettare "Majestic Beast" per poterlo apprezzare (non senza però esserci goduti "From The Heaven Of My Heart" e soprattutto "Sky Is Mine", dal finale travolgente). L'inizio di questa traccia mi ricorda addirittura "The Grand Conjuration" degli Opeth, per il ruolo giocato dalla voce (un growl cavernoso) e dalle chitarre, che intessono trame solenni e classicheggianti. A questa brutalità risponde un ritornello dei più dolci sinora sentiti nell'album, un raggio di sole che squarcia una cortina di nubi apparentemente insondabile.

"My Sun" ci è utile per alleviare la potenza del precedente brano (simil-ballata un po' tiepida a dire il vero) e per traghettarci a un altro singolone, "Highest Star", quello dai toni più folk di tutti i pezzi sinora ascoltati, anch'esso potenziato da un ritornello da brividi.

Dopo tanti bei pezzi un calo di tono può starci: le successive "Skyforger" e "Course Of Fate" non raggiungono infatti i risultati sperati, e presto vi troverete a skipparle. A riallacciare le fila di tutto il disco ci pensa però "From Earth I Rose", che tanto sa di pezzo epico finale, un riassunto di quanto finora ascoltato, i titoli di coda, per così dire, dell'intero album. La componente folk di "Highest Star" viene qui ripresa e portata a un livello ancora più alto, e le stesse melodie molto si avvicinano a quanto si è potuto ammirare con "Tuonela", con momenti più pesanti e altri più tenui. Conclusione eccezionale quindi, scelta migliori non poteva essere fatta.

Tirando le somme, abbiamo tra le mani l'ennesimo centro degli Amorphis. Che, preciso onde evitare sterili critiche: non sono quelli di "Elegy" o di "Tales...". Quegli Amorphis lì appartengono al passato, sono una tappa di un processo evolutivo che ha portato i finnici lontano dal death (dalle tinte folk e progressive) degli esordi. Questi elementi sono andati a costituire, assieme a altri, l'ossatura del gruppo attuale, ne costituiscono una faccia, ma per fortuna non più l'unica. Ripeto il mio giudizio già espresso: mettendo da parte per un attimo i vari "Elegy", "Tales..." e "Tuonela" e considerando solo le ultime produzioni della band, questo "Skyforger" si pone un gradino al di sotto di "Silent Waters", per me ancora insuperato. Ciò nonostante è un disco da avere in tutti i modi, non credo possa scontentare chi lo farà suo. Da premiare infine anche la caparbietà dei nostri nell'andare a ripescare e riproporre tematiche comuni a non molti, cercando di condividerle e di renderle più fruibili al pubblico.

Per ora una delle migliori uscite metal di questa prima metà del 2009.

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