Il 1999 è un anno di svolta per gli Amorphis.
Quando esce "Tuonela" nulla o quasi è più rimasto di quel grezzo death metal che aveva caratterizzato i lavori precedenti, svanito e offuscato nelle note di "The Way"... ed è subito un classico.

Spinto forse da album meravigliosi quali "Elegy" e "Tales From The Thousand Lakes", "Tuonela" viene spesso riconosciuto come uno degli album più sopravvalutati della band, ma non si può negare che alla base di ciò vi sia una confusione di fondo derivante da questo profondo cambiamento stilistico, che va ad intaccare alla radice le convinzioni dei vecchi fan. "Tuonela" rappresenta il nuovo, e il nuovo, spesso, fa paura.
Vi è ormai la voce pulita di Koskinen che solo in un brano come "Greed" fa intravedere timidamente quella ferocia che è stata del passato. Vi è il sassofono e il flauto di Sakari Kukko, che in pezzi come "Nightfall" o soprattutto l'intensa "Rusty Moon" vanno ad accentuare quelle suggestioni folk a cui già precedentemente aveva fatto ricorso la band. Vi è l'amore per i Pink Floyd, per la loro complessità e delicatezza negli arrangiamenti, nonché soffusi accenni al rock settantiano che si uniscono al metal nella progressione del suono ("Divinity", "Tuonela", "Shining"), vi sono echi orientaleggianti ("Greed") così come il riffing più essenziale e al contempo avvolgente ("Summer End"), toni progressivi che sottolineano delicatamente una limpida decadenza.

Amorphis ispirati quelli di "Tuonela", non più eccelsi come in passato ma in grado ancora di risvegliare emozioni prima delle deludenti prove odierne. Per chi ha nostalgia del passato (e non solo), benvenuti a Tuonela.

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