Anja Garbarek è una trasformista.

So che una recensione difficilmente inizierebbe in questo modo, ma è la verità: la cantautrice norvegese (figlia del celebre sassofonista Jan) è una che spesso cambia le carte in tavola, e lo fa con una maestria innata. Se all'inzio vi sentite trasportati dall'intro simil-jazz molto Billie-Holiday di "Born That Way", lei riesce a spiazzare: ora che ti sei rilassato ti manda una furia rock chiamata "Dizzy With Wonder", che ricorda non poco la Pj Harvey degli anni '90. Anja, ovviamente, non raggiunge la rabbia della cantante inglese, ma comunque ne è vicina: il suo pezzo è una cosa semplice, che resta in mente proprio perchè messa in contrasto con il rilassamento della prima traccia. Quindi "The Last Trick", poesia trip hop e primo singolo, in cui la cantante prende in prestito una sezione d'archi ai Portishead, personalizzandola con la sua voce inconfondibile, di certo non in grado di alti acuti e vocalizzi incredibili, ma di certo suadente e penetrante.

"Sleep" metterà a dura prova le vostre casse: un vulcano di bassi e synth che si aprono in un pezzo dalle venature soul. Nel disco non sono presenti due canzoni che si assomigliano: è un mix di generi, che tanto ricorda il capolavoro "Post" di Bjork. Quindi, tra gli archi che si aprono a ventaglio, disturbati da rumori alla aphex twin della belissima "Can I Keep Him?" e la potenza quasi metal (!), si ho detto metal: ne sono rimasto sconvolto anche io!, di "This Momentous Day", si dirama un disco riuscitissimo e molto eterogeneo, in bilico tra antico e ipermoderno, un caleidoscopio di creatività ed idee, in grado (forse) di resuscitare il povero trip-hop.

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