A due anni dall'interessante, ma forse eccessivamente complesso "Axiom", ecco tornare nel 2008 gli Ansur, band Norvegese che dal 2005, anno di uscita del demo "Carved In Flash", sta cercando di uscire fuori dall'anonimato, proponendo una musica sempre più inconsueta, che pur ricollegandosi al filone del post-black metal (giusto per trovare un termine di paragone basti pensare, ad esempio, a gruppi come Ved Buens Ende), tende ad accostare a questo tipo di sound elementi progressive, jazz, sino a scofinare, più raramente, in territori new-age.
"Warring Factions", questo il titolo del disco, suona già da un primo ascolto molto più dinamico e melodico rispetto alle produzioni precedenti, mostrando l'anima più progressiva e raffinata del combo norvegese, piuttosto che quella vicina al post-black al quale ci avevano avvicina.

Formato da 7 canzoni di lunga durata, "Warring Factions", parte già dalle prime note pigiando il piede sull'acceleratore ma in maniera piuttosto atipica: "The Tunguska Incident", opening-track del disco, viene introdotta da un arpeggio che molto da vicino ricorda i lavori dei ben più noti Orphaned Land, per poi esplodere in un pezzo al limite di un prog metal che assume risvolti eccezionalmente violenti per il genere, grazie all'interpretazione del vocalist davvero aggressiva. E' quando però si pensa di aver già capito dove andrà a parare la canzone, che i nostri tre giovani sterzano violentemente, andando a calpestare territori chiaramente ispirati alla musica fusion, nei quali veri protagonisti sono ora il sassofono, ora i delicati intrecci chitarristici firmati da Nipe.

Si prosegue incontrando "Sierra Day", la canzone più breve del disco che, nell arco di sei minuti scarsi riesce a racchiudere in se tutta la filosofia Ansuriana: parti elettriche ed "aggressive" si alternano a momenti estremamente atmosferici a cavallo tra melodie care agli U2 (i riffs sembrano suonati dall'alter ego incazzato del buon The Edge) e il progressive rock d'annata. Da sottolineare il lavoro della sezione ritmica davvero eccezionale, vario ed in continua evoluzione che, nella sua progressività riesce a non risultare borioso o inutilmente elaborato, ma è anche il lavoro svolto dalla sezione chitarristica nelle parti strumentali del pezzo che rende "Sierra Day" ancor più fascinosa.

Andando avanti nell'ascolto si incontrano poi pezzi che si avvicinano molto di più al passato black della band come la successiva "Phobos Anomaly" che presenta riffs decisamente più aggressivi, rimanendo comunque in un'ottica molto melodica, o ancora la suite orientaleggiante/country "An Exercise In The Depth Of Fields", assolutamente deliziosa nelle sue evoluzioni.

In tutto questo oro si incontrano però anche episodi un poco meno riusciti come la troppo classica "At His Wit's End" che pur non risultando assolutamente sgradevole è forse troppo fuori contesto per via delle sua eccessiva linearità, risultando infatti eccessivamente ancorata a clichès prog metal, o ancora la successiva "Cloudscaper", davvero poco riuscita ed invitante.
Da applausi è invece la chiusura affidata alla suite "Prime Warring Eschatologist", che si ricollega al discorso intrapreso con le prime tre tracce, sviluppandolo in maniera ancor più elegante ed elaborata, risultando ora aggressiva, in alcuni frangenti quasi amelodica, ora splendidamente delicata ed impalpabile (splendido a proposito l'assolo di pianoforte dotato di una vena malinconica, sottolineata in maniera ancora più incisiva dall'intervento della chitarra classica).

Finisce così un album che ci mostra una band nel pieno delle proprie forze, capace di "mettere al mondo" un album complesso e di difficile assimilazione, ma che non risulta troppo costruito o finto; non solo, "Warring Factions" ci mostra anche gli Ansur più dolci e meno aggressivi, e quest'anima piace di più, vuoi perchè forse nei frangenti più violenti era più facile che si perdessero oppure perchè più semplicemente, sotto questa luce assumono un fascino tutto loro, fatto sta che questa volta, nonostante qualche piccolo particolare ancora da limare ci sia, il trio di Drammen ha composto un disco davvero piacevole che si lascia ascoltare non una, non due, non tre volte, ma molte, molte di più.

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