E così, senza preavviso, fanno il botto.

Non parlo della rapina avvenuta il 23 Aprile del 1956 nella più prestigiosa banca di Washington DC riuscendo a rubare più di 5 milioni di dollari (e a quel tempo erano soldi) e a fottere la mente a tutti i sistema di sicurezza dei 50 (ora saranno 60 o 70) stati americani. Ma non vi sto parlando di questo, vi parlo invece di un gruppo abbastanza giovine che crede di fare un buon progressive metal miscelato con una caterba di altri generi provenienti da svariati luoghi e tempi, e ci riesce.

Se conoscete gli Ansur per il loro primissimo lavoro "Axiom" vi dico fin da subito che hanno cambiato totalmente via e ormai i luoghi oscuri e tetri di quell'Assioma sono ben dissolti e diradati. Gli si dovrebbe dare un 3,5 solo per il cambio radicale, radicalissimo, fatto in appena 2 anni dal primo album del 2006. Un cambiamento paragonabile solo ai Cynic dei primi demo, ai Dream Theater dell'89 o ai Katatonia dal 93 fino ad ora.

"Warring Factions" si presenta come una piramide, ma a rovescio... anzi diciamo un albero che ha radici progressive/avantgarde e numerose ramificazioni ben dilatate che tendono verso l'alto, sfiorando qualsiasi sfumatura dell'immenso cielo chiamato "Musica": dal Thrash al Fusion, dall'Alternative all'Hard Rock, dal Power al Technical, dall'Estremo alla Classica, dal Folk al buon vecchio Progressive Rock settantiano, dal Tribale al death raggiungendo anche per svariati minuti a una sottospecie di Country.

Un lavoro eccelso, che un gruppo rispettabile ci avrebbe messo dieci anni e che invece loro l'hanno ridotto a 2, lasciando definitivamente quel black metal mistico con accenni avantgarde del primo Assioma. Un apoteosi diamine! Per chiuderla con il genere io lo definirei un Extrememe Progressive Metal, ma non quello nostalgico degli Opeth, molto, ma molto più radicale, ragionato, virtuoso e nobile. Ma la cosa più assurda è che il gruppo è composto da sole 3 persone!! E vi dirò di più, in fondo è solo un certo Torstein  Nipe e tirare i fili, il mastro burattinaio che si destreggia da solo con chitarre, bassi e tastiere varie, oltre a mixare e a metterci la maggior parte del denaro per la casa discografica. Ci troviamo dunque di fronte a un piccolo genio? Spero di si.

L'album oltre ad avere una qualità elevatissima, ha anche una copertina attizzante (io l'ho scaricato solo per la copertina) disegnata interamente da Eliran Kantor, disegnatore anche di "Jupiter" degli Atheist e di "The Formation of Damnation" dei Testament (mica mazzi). Ha anche un tempo decisamente elevato: 7 canzoni per un totale di un'ora e poco più. L'opera è di un equilibrio pazzesco, non risentivo musica così ragionata da un "Awake" del 94 diamine. La batteria è asciutta, essenziale ma ben disposta. Le chitarre sono articolatissime, sia quelle classiche che quelle elettriche (non spaventatevi se ascolterete ritmiche composte da 2 classiche e 2 elettriche, sono all'ordine del minuto), gli assoli sono sopraffini, di una certa complessità e ricerca. Il basso aimè è molto subordinato, altrimenti non si chiamerebbe "basso". Ma al suo posto possiamo trovare delle tastiere tubolate (presente quelle vibranti nel progressive rock o ai matrimoni?) davvero di classe, sempre eseguite dal mastro burattinaio Torstein  Nipe (onore). Peccato per la voce che sembra un ibrido tra Kreator e Mothoread arroccato (avete presente Rasputin in Anastasia? Per chi conosce i cartoni animati), ma non preoccupatevi, l'uso della voce in questo album è poco usato, ma presto ci farete l'abitudine. L'album è un concept fondato sulla scena post apocalittica presentato dal primo "Axiom".

All'origine di tutto vi è "The Tunguska Incident". Diamine se non è bella questa, tra un technical alla Watchtower e un fusion alla Cynic accompagnato da un sassofono maestoso, maneggiato da un Anja Nedremo. Lo sprint finale è davvero da grandi maestri del prog.

"Sierra Day" è la più corta ma anche la più seria, riflessiva, spontanea... tipica canzone Dream Theater (se no fosse per la voce ovviamente). Davvero bella, ha un finale davvero speciale in cui lo stesso sassofono di prima si lega ad uno splendido assolo di chitarra fatta con i fiocchi e una ritmica tutta sua diamine. E gli orgasmi flippano che è una meraviglia.

"Phobos Anomaly" è forse la più ritmica e più thrash ma con numerosi infusi Shoegaze. "An Exercise in Depth of Field" è una delle più sperimentali in assoluto, nei primi 30 secondi si passa da un tribale scozzese a un thrash megadettiano a un neoclassical alla Petrucci fino a raggiungere un ragionato metal non definibile con nessun aggettivo da me conosciuto. Giusto una mezza dozzina di cambi di tempo e ci troviamo immersi in un... oH! Ma cosa diamine?? Sono appena entrato in uno stupido Saloon di metà 800 e mi appresto a sedermi affianco a ubriaconi fradici e cowboys barbuti per giunta svergognati. Urlano. Solo dopo mi accorgo che stanno incitando il piccolo complesso su un piccolo palco imbrattato di birra. E suonano, è country? Le mie orecchie non mi credono! Scusate! Non credo alla mie orecchie! E ridacchiano, ma cosa avranno da ridere. Un paio di minuti e sempre inconsciamente il gruppo di ubriaconi si trasforma un una folla di rockettari bravi a pogare. Ora mi trovo in un concerto di quelli colossali alla Guns, diamine! E si riparte verso i binari dritti. Un finale da oscar: 3 chitarre classiche si intersecano fra di loro formando una maglia fitta e senza buchi.

"At His Wit's End" è un'altra atmosferica di classe, abbastanza apocalittica. Scusate se non mi dilungo troppo. Finale a fade out fatto davvero con grande saggezza. E parte il rombo! Apiccia appiccia!! "Cloudscaper" è un'altra thrashsong molto variegata, ben infusa con un fusion e uno shoegaze.

"Prime Warring Eschatologist" è l'ultima canzonaccia, bella lunga e aspra. In essa si può percepire un po' di Katatonia (del 96) e Pestilence. Davvero unica. Poi si passa al più comune Heavy fino a congiungersi a una bella ballata da un paio di minuti tutto in classica, qui prende il sopravvento l'Ansur  più silenzioso e riflessivo, Torstein Nipe da sfogo a un ragionato assolo di pianoforte accompagnato da una splendida classica e Allevi viene accappottato da tanta raffinatezza. Lo spannung finale vede concentrato tutti gli strumenti in un voraginoso travagliare.

Per concludere posso dire che è d'obbligo questo diamante.

In decimi un 9+ ce lo prende.

Spero che la recensione e soprattutto l'album vi sia piaciuta.

BY LUGREZZO

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