Un album indisponente fin dal titolo. Sarà vero che la vita è una fantastica storia, ma non c'è bisogno di farlo notare a un pubblico che nella maggior parte dei casi si dibatte in una quantità di problemi e per cui la vita è piuttosto dura.
D’accordo che oramai dovremmo esserci abituati, ma sembra incredibile che questo scialbo canzonettaro sia lo stesso autore di “Lilly” e di “Compagno di scuola”.
Sapevamo già che dal punto di vista musicale non ci si poteva aspettare più di tanto, sono oramai 15 anni che i dischi di Venditti sono musicalmente delle fotocopie, dove Antonello è attento solo a cambiare i testi senza sforzarsi più di tanto di costruirci sopra delle storie significative, ma qui si è veramente superato il limite.

Laddove l’unico brano dal testo degno di qualche menzione è “Lacrime di pioggia” dedicato al padre appena scomparso (sulle musiche, come detto, è meglio glissare), bisogna doverosamente soffermarsi sulla canzone che, giustamente, ha più di ogni altra attirato gli strali e l’ilarità della critica musicale, almeno di quella non asservita al potere delle majors: la title-track. “Mi chiamo Antonio e faccio il cantautore” (a chi si riferisce?), “Mi chiamo Laura e sono laureata”, e qui qualcuno ha gridato al “miracolo poetico” (!!!), “Mi chiamano Gesù e faccio il pescatore” (ueilà), “Mi chiamo Aisha come una canzone / Sono la quarta di tremila persone” (???).
Lasciamo perdere le altre canzoni.

Un cantautore che aveva scritto “Le cose della vita”, “Notte prima degli esami”, “Lilly”, "Canzone per Seveso” e TANTI altri grandi pezzi del cantautorato italiano anni ’70 e per buona parte anche anni ’80, che si riduce a scrivere dei testi che fanno la figura dei pensierini delle elementari, fa pensare principalmente due cose: o si è adagiato da tempo alle regole del music-business (che secondo me è la cosa più probabile), oppure la sua vena artistica si è annullata da ormai parecchio tempo, ed allora sarebbe meglio un dignitoso tacere.

Ah già, la collaborazione con Francesco De Gregori: la canzone più insipida del disco, “Io e mio fratello”. Un altro dispiacere vedere un cantautore da me così amato come Francesco sprecarsi in questa insulsissima canzonetta.

Dà oltremodo fastidio quel suo continuo modo di porsi come “l’amico di tutti”, come quello che dà sempre buoni consigli e che si fa notare come, in un mondo di furbi, lui è uno dei pochi di cui fidarsi (indubbiamente sarà anche vero, ma allora perché i continui album-fotocopia?).
Un consiglio: casomai vi venisse l’idea di comprare quest’album, fate una cosa: andate a recuperare uno qualsiasi degli ultimi 5 album dell’Antonello nazionale, scrivete voi dei testi qualsiasi e cantateci sopra. Il risultato sarebbe sicuramente superiore a questo inutile insieme di parole e suoni in troppi casi senza capo né coda.

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