Londra, 1969.

Accanto a rock band di assoluta notorietà (per fare qualche nome, gli Stones, i Pink Floyd, i King Crimson, i Led Zeppelin, i Cream, e chi più ne ha, più ne metta), nella scena underground della capitale inglese spiccavano numerosi gruppi, alla ricerca di un successo internazionale che in quasi tutti i casi non arrivò - purtroppo - mai: una casa discografica dell'epoca, la Middle Earth Records, decise di mettere sotto contratto un piccolo gruppo di nome Arcadium: nello stesso anno, riuscirono a completare un lavoro, il loro primo ed ultimo disco, chiamato "Breathe Awhile". E' un album rarissimo (pur se male inciso), con momenti emozionanti ed atmosfere quasi disperate: sono 7 tracce sull'LP originale, caratterizzate da suoni sinistri e coinvolgenti, e soprattutto dai testi malinconici e tristi scritti da quel genio che prende il nome di Miguel Sergides, voce e chitarra 12 corde degli Arcadium.

Partendo dal primo brano, gli Arcadium si affacciano immediatamente nel mondo prog-psichedelico dell'epoca: "I'm On My Way", con i suoi 11.52 minuti, è considerato da molti uno dei componimenti più importanti del dark progressive. Una chitarra con un suono leggermente "sporco" apre il pezzo, seguito da un riff di hammond che conferisce al brano un tocco psichedelico degno di nota: il ritmo cresce lentamente, con un breve assolo di chitarra, fino a riscendere vertiginosamente nella parte cantata, circa a metà del brano: l'arrangiamento è incrementato dall'accompagnamento di cori da parte degli altri membri della band; ma a poco meno di 3 minuti dalla fine, i ritmi diventano più alti, e così assistiamo ad un solo di hammond, seguito da un altro di chitarra, e dalla voce di Sergides, che intona per diverse volte le parole I'm On My Way, sino al termine del pezzo.

Secondo brano, "Poor Lady", molto più breve rispetto al primo ("solamente" 4 minuti): parte subito forte, con accordi di organo, così da mantenere l'ascoltatore su ritmi analoghi a quelli finali del pezzo precedende... Solo ad 1.20 minuti dalla fine assistiamo ad un calo di tensione, grazie ai cori e alla voce del "poeta" Sergides.

"Walk On The Bad Side", traccia numero 3: l'inizio è simile ad "I'm On My Way", ma la vera opera d'arte arriva dopo 30 secondi. La malinconia che imprimono le parole del testo sono inimitabili: solo un hammond e una voce, che verranno accompagnati dagli altri strumenti dopo solo 4 battute. Il ritornello intona le parole del titolo, poi troviamo una lunga cavalcata, tra brevi assoli di chitarra e fraseggi all'organo (in puro stile Arcadium), che ci conduce al termine.

Siamo al quarto brano: "Woman Of A Thousand Years", simile al secondo per quanto riguarda cori e ritmo in generale... Probabilmente il pezzo a mio parere meno riuscito.

Eccoci al quinto pezzo, "Change Me": 3 note iniziali sull'hammond, poi un fraseggio di chitarra molto malinconico e orecchiabile, ma è sicuramente Miguel Sergides che nuovamente impone la sua voce sopra a tutto. Come ho detto, canzone molto triste e suggestiva.

Penultimo brano, "It Takes A Woman": qualche somiglianza ai Byrds, soprattutto per la composizione degli accordi di chitarra. E' un pezzo quasi interamente strumentale: la parte migliore resta comunque quella a 50 secondi dalla fine, dove è l‘hammond di Alan Ellwood a farsi sentire.

Album iniziato bene, ma che finisce ancora meglio: "Birth, Life And Death", ultima traccia dell'LP originale: come suggerisce il titolo, possiamo suddividere il brano in 3 parti ben distinte. La prima, "Birth", la nascita appunto, è caratterizzata da un lungo solo di chitarra, ben impostato e completamente aderente all'atmosfera musicale che lo circonda. Dopo 5.15 minuti, c'è un crescere di accordi, che ci introducono alla seconda parte, "Life", la vita. Un organo solista, assolutamente unico nelle sonorità quasi religiose, e la voce penetrante di Sergides, introducono il pezzo in un mondo più cauto e tranquillo, forse quasi ipnotico. Dopo 8.35 minuti, il brano (e di conseguenza anche l'album) si avvia verso la fine, appunto la morte, "Death". Sergides, intonando "Good bye, Good bye, My world", carica l'intera canzone di toni tristi, malinconici, quasi a voler indicare a sua insaputa il termine della breve avventura della sua band. Tenendo conto infatti che "Breathe Awhile" è stato il loro unico lavoro, quella frase è stata forse un segno del destino che ha posto definitivamente la parola fine al percorso musicale degli Arcadium.

Nel 2000, la ristampa da parte della Repertoire Records, con 2 singoli inediti registrati comunque alla fine dei magnifici anni '60: "Sing My Song" e "Riding Alone".

"Sing My Song" si apre con un pezzo di hammond, poi una chitarra, qualche battito di batteria, e la voce del "genio poeta" volge la canzone su confini mesti e spirituali. È una chitarra invece lo strumento che apre "Riding Alone", seguita immediatamente dall'immancabile organo e dal resto della band: pezzo questo direi psichedelico, soprattutto a causa di un sound molto vecchio....

Gli Arcadium, con Breathe Awhile, durano poco più di 53 minuti, per poi sprofondare in un mondo ai margini della scena musicale londinese, nonostante la loro bravura e il loro tocco magico nel comporre i loro brani...  Dove sono finiti gli Arcadium? Cosa li ha spinti nel non continuare a scrivere nuovi pezzi? Sono domande alle quali forse solamente i 5 membri della band sarebbero stati in grado di rispondere. Non resta altro che ascoltare e riascoltare il loro piccolo capolavoro: un album unico e senza paragoni

"The inheritance of future sinners and the writings of future revelations will be our final downfall. We can all worship the devil if we please but there is still time just let us breathe awhile..."

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