1975. Il Punk sta per esplodere, il Progressive con i suoi mastodontici dinosauri sta esalando gli ultimi respiri di una lunga ed intensa cavalcata. In Italia abbiamo imparato ad amare Pink Floyd, King Crimson, Genesis e magari qualche impavido ascoltatore ha conosciuto gli esperimenti meno riusciti della scena di Canterbury. In un contesto così delicato, particolare, caratterizzato da enormi cambiamenti solo un nome, un marchio sopravvive forse ancora più ispirato e vulcanico che mai.

Il marchio in questione corrisponde alla sigla AREA (International POPular Group) il disco, il terzo della band: "Crac". Gli Area sono il gruppo Progressive italiano con la P maiuscola che incarnanano gli aspetti più sperimentali e visionari del genere. Cinque musicisti che fondono la novità del progressive con i suoi tempi e metri irregolari, l'improvvisazione di stampo jazz-rock, radici musicali balcaniche e la sperimentazione condivisa con il "Compagno di viaggio" John Cage con cui Demetrio Stratos, leader della band instaurerà una lunga e fruttuosa collaborazione.

"Crac" del 1975 rappresenta il disco della maturità. Dopo il concept politico "Arbeit Match Frei" che porta con sè l'inevitabile polemica sui campi di concentarmento e le dittature e lo stralunato "Caution Radiation Area" con "Crac" le sperimentazioni raggiungono il perfetto equilibrio con la forma canzone rendendo i sette pezzi che compongono il disco una perfetta miscela musicale che racchiudono ogni aspetto più significativo della sperimentazione Jazz, Progressive e d'Avanguardia. L'album parte con una breve e rapidissima introduzione sperimentale: "Area5". Qui le sperimentazioni vocali di Stratos si fondono al contrabbasso quasi free-jazz di Ares Tavolazzi che veste i panni del contrabbassista jazz molto più che nel precedente album "Caution Radiation Area". Ed ecco che parte uno dei classici della band "Gioia e Rivoluzione" con un intro di piano di Fariselli che fa presagire l'ottica "jazzata" entro cui la band ha deciso di muoversi in questo album. Le liriche mai così forti e polemiche: "Il mio mitra è un contrabbasso che ti spara sulla faccia ciò che penso della vita, con il suono delle dita si combatte una battaglia che ci porta sulle strade della gente che sa amare".

"Implosion" è pura improvvisazione dove i cinque musicisti mostrano il loro enorme valore tecnico con il drumming serrato ed irresistibile di Giulio Capiozzo un batterista dalla tecnica e dal gusto ineccepibili e le linee di basso sempre pulsanti di Tavolazzi. Stratos non canta e "duella" con il suo inseparabile organo hammond a suon di scale, accordi ed arpeggi rapidissimi con un Fariselli a dir poco scatenato. E' il turno di "L'elefante Bianco" dove i tempi dispari in puro stile prog si fondono con una progressione strumentale rapida debitrice delle più svariate inflluenze musicali in puro stile Area. Le liriche sono sempre incendiarie. L'episodio più bello dell'album è sicuramente "La mela di Odessa" un pezzo dalla strabiliante bellezza. Ma non è soltanto questo. Oltre il drumming di Capiozzo assolutamente devastante e la grande tecnica strumentale unita ad una grande musicalità, c'è il titolo del pezzo mai così eloquente ed un testo politicamente scomodo. Odessa è il nome della città russa dove un giovane dadaista di nove Apple dirottò una nave tedesca, nel 1920. I russi festeggiarono il dirottamento facendo saltare in aria nave e passeggeri.

"Crac" è un disco rapido, incisivo, il suo ascolto è piacevolmente incalzante e la musica, le tematiche affrontate sono di una crudezza ed un vigore unici. A testimonianza di ciò le ultime due songs "Megalopoli" e "Nervi Scoperti" che uniscono la sperimentazione vocale di Stratos alla sperimentazione d'Avanguardia con un uso massiccio di effetti e distorsioni allucinate coagulate tra loro da una progressione strumentale onnipresente.

Un disco da ascoltare, riascoltare, studiare, catturare per comprendere l'altra faccia del "Progressive", quel fenomeno che non è solo made in England.

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