Dopo una lunga ed estenuante settimana di lavoro, non c’è niente di meglio che una buona overdose di anime giapponesi e di thrash metal vecchio stampo, datato al massimo, che suona proprio vecchio, prodotto artigianalmente ma che ti fa sfhizzare le cervella dal naso. 

Sono convinto di questo.

Il lavoro stressa.

Il power metal mette la diarrea.

Il thrash è semplicemente figo. È la mia manna dal cielo.

Tornando a noi. Ho già decantato le eroiche gesta della suddetta band carioca dal monile poco originale, molto simile (il plagio è evidente) a quello dei seminali Testament e dal sound davvero brutale. Recensione, quella del loro omonimo album, che io stesso ritengo una recensione merdosa, scritta decisamente coi piedi (ma ero agli esordi……). 

Tuttavia, quel disco, “Attomica”, mi fece impazzire non poco.

Questo “Disturbing The Noise” è, invece, il loro terzo album, uscito subito dopo “Limits Of Insanity” che non ho mai avuto l’onore e il piacere di ascoltare.
Non potendo fare paragoni col precedente, lo farò con il debut album dei brasiliani Attomici, ossia, l’anzidetto album omonimo.

Per prima cosa, la produzione. È decisamente migliorata, un tantino sporca (ma è bene sia così… oggi tutte quelle produzioni laccate non rendono giustizia al thrash metal, dannazione!). Quel tanto che basta da rendere il suono delle chitarre molto distorto e tanto “zanzaroso” (termine che ho appena coniato e che spero un giorno finirà sul dizionario). 

Altra cosa che salta immediatamente all’orecchio è il cantato del singer-chitarrista João Márcio, il quale ha abbandonato gli scream black degli esordi (con i quali dava l’impressione di essere un indemoniato) per adottare un tipo di voce più umana, tal da farci capire cosa cazzo sta cantando (anzi: urlando). Rimane, pur sempre, un signor singer. 

Anche la velocità sembra essersi ridotta. Ma è solo un’impressione. Questo perché, in questo album, gli Attomica, hanno deciso di sfoderare i loro controcazzi in misura esagerata. Non più velocità sfrenata e folle, ma un sognwriting più ragionato, riflessivo. Più incentrato alla sostanza e alla cura della “forma canzone”. Album decisamente più tecnico, con cambi di tempo improvvisi e riff intricatissimi. Ma, quando c’è da accelerare, gli Attomica non si risparmiano e… allora anche quelle checche dei Dragonforce, in confronto, sembrano lumache da 4 soldi. Ascoltare per credere l’opener, “Violen Adn Terror” o “Blood”, tanto per citarne 3 a caso. 

Assoli improvvisi, eseguiti alla velocità della luce e inseguiti dal drummer indemoniato e dalla sua batteria che semina devastazione e che pare essere un martello pneumatico con fonte di ricarica inesauribile. 

Semplicemente fantastico. Semplicemente irripetibili nel loro genere.

Peccato che non abbiano riscontrato il successo meritato. 

L’unico punto debole dell’album? La sua scarsa, quanto introvabile, reperibilità.

Per il resto: una vera e propria bomba ATTOMICA!

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