Nuovo disco per gli Avenged Sevenfold. Il gruppo Metal californiano mischia le sue carte e rivisita nuovamente il sound del precedente disco. Il nuovo "Hail To The King", il secondo dopo l'improvvisa morte di James Sullivan "The Rev" risente pesantemente di influenze Hard Rock degli anni novanta rimandando agli Iron Maiden ma soprattutto ai Metallica del "Black Album", senza però esibire quei cambi di velocità da sempre marchio caratterizzante, ma offrendo un suono più classico, quieto ma anche più maturo.

Le prime tracce "Shepherd Of Fire" e il singolo title-track "Hail To The King" sono buoni brani Hard Rock, radiofonici ed efficaci. I primi (e pochi) cambi di velocità si hanno solo a partire da "Doing Time", l'unico pezzo contenente explicit lyrics (anche la scelta di testi puliti a suo modo rappresenta un'eccezione), in cui però i ritmi degli assoli di Synyster Gates devono tener conto di una batteria che riesce a spingere ma senza andare oltre al compitino assegnatole, inutile rimarcare quanto ciò sia dovuto al cambio dovuto di line-up con l'ingresso alla batteria di Arin Ilejay e quanto la band abbia risentito di ciò.

"Crimson Day" è la prima rock ballad del disco, ottimamente riuscita e ben contestualizzata in un sound che non esce dai binari intrapresi dall'intero LP, probabilmente un'ulteriore dedica all'amico e collega scomparso, sicuramente tra i brani meglio riusciti del disco e tra i lenti migliori della loro carriera.

Robusto anche l'hard rock di "Heretic" come del resto tutti gli assoli presenti dall'inizio alla fine del disco, propedeutici a nascondere un sound che risente certamente di un alleggerimento, ma che è servito a raggiungere un pubblico e platee senz'altro più ampie. Non è un caso infatti che il disco abbia esordito alla n°1 dagli Stati Uniti a gran parte dell'Europa, nonostante il "saluto al re" sia il disco meno Avenged Sevenfold della loro carriera e perché no, il saluto anche al sound degli anni passati.

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