A ben 9 anni dall'uscita del deludente dodicesimo album in studio del Banco del Mutuo Soccorso, esce "Il 13" dal titolo non ricercato, ma assai ben augurante, almeno per la cultura anglosassone. Molte cose sono cambiate in questi quasi due lustri che portano al '94: per cominciare la casa discografica, quella CBS che è probabilmente complice, se non artefice dell'impoverimento del gruppo romano ed assoggetamento alla regola pop dominante negli anni '80 e culminata nella partecipazione del Banco a San Remo '85 col brano "Grande Joe" poi inserito nel CD "....e via".

Questa sarebbe già di per se una buona notizia, salvo che la "Sol & Dereb Records" non potrà di certo garantire ai nostri eroi il medesimo supporto distributivo e quindi la tiratura di questo CD risulterà per forza di cose piuttosto limitata, garantendo poche risorse agli artisti e facendo ad esempio sì che il CD in questione risulti oggi praticamente introvabile e senza prospettive di ristampa a breve. Anche la formazione si trova a far fronte ad altre defezioni, dopo Gianni Nocenzi se ne vanno anche Giovanni Colaiacono, qui sostituito da Tiziano Ricci e Pierluigi Calderoni, ancora presente in un paio di brani, sostituito da David Sabiu e poi Maurizio Masi in pianta stabile. Va beh anche questo ci sta, ma l'album alla fine come esce?

Bene! Si parte infatti con una bella introduzione di Vittorio Nocenzi: "Dove non arrivano gli occhi" che vista l'uscita postuma di "The Endless River" sembra quasi un omaggio all'opera contemporanea di Richard Wright e lancia uno dei brani forti dell'album: "Sirene" nelle due parti, molto ritmata la prima e sostenuta con grinta (finalmente) da Francesco Di Giacomo e chiusa strumentalmente da Nocenzi nella seconda, molto pregevole l'intervento del coro polifonico "Terribili" in deciso superamento di quelli insulsi e ripetuti alla noia di "...e via". Molto buono anche l'introduzione a: "Brivido" ancora assai "Pink Floyd oriented", anzi viene quasi da pensare che Nocenzi e compagni abbiano fatto una capatina agli Abbey Road Studios dove si stava ultimando "The Division Bell", superata l'illazione c'è d'apprezzare Di Giacomo in stato di grazia sostenuto dal supporto corale precedente. "Guardami le Spalle" lascia ancora più spazio a Nocenzi ed al coro che col supporto dell'egregio Calderoni in visita lampo al gruppo, produce un discreto pezzo pop, che prelude all'ottima "Anche Dio" condita in lungo e largo dalle tastiere ed l'Hammond di Nocenzi con incalzante ritmo dark che mi fa pensare finalmente al riscatto del Banco!

Infatti anche la seccessiva "Pi-ppò" pur essendo un brano chiaramente pop è accattivante e ben arrangiata che si vorrebbe chiudere melanconicamente con un tocco al pianoforte di Nocenzi, ma lascia (purtroppo) ancora spazio al ritornello portante. Assai bella è la canzone "Bambino" quando la voce di Di Giacomo, sostenuta da un bellissimo tappeto meditativo creato dalle tastiere di Nocenzi si liberara poi alla grande in un notevole crescendo, cui segue la buona "prova rock" di Nocenzi che rimane (scusate il gioco di parole) protagonista anche della successiva e meditativa "Rimani fuori": due pezzi tutto sommato potabili che lasciano però il passo e hanno anzi il merito di esaltare: "Emiliano" il brano strumentale, a mio parere migliore del CD, con partenza di Nocenzi "alla Emerson" e non me ne voglia il povero Keith, ma qui Vittorio da proprio il massimo e con l'efficace supporto di Maltese realizza una splendida fuga evocativa in alcuni punti il 1° ELP, indimenticato capolavoro del '70. Peccato che questa perla abbia una durata così limitata e lasci il posto a "Mister Rabbit" più adatta ad uno spot pubblicitario radiofonico che ad un album del grande Banco e difatti si chiude con la ricerca di una diversa stazione, che si realizza in "Magari che" di ben altro livello e con Di Giacomo ancora al vertice, cosa confermata anche da "Tirami una rete" anche se con un tono decisamente più contenuto e l'aiuto vocale ed al piano di Vittorio, molto belli anche i fraseggi alla chitarra acustica di Maltese. Conclusione breve ed assai melanconica di Vittorio Nocenzi al piano solo, forse a preludere il fatto che sarà questo l'ultimo album in studio, almeno integralmente così definibile, di uno dei (se non il più) grandi gruppi italiani di Musica moderna.

A dispetto di ciò il Banco, data alle stampe quest'opera, partirà per un trionfale tour mondiale che toccherà quattro continenti e rappresenterà la loro meritata consacrazione planetaria, in particolare in Giappone dove finirono per essere amati e seguiti quanto in patria. Per tornare al "13" e scontato il giudizio favorevole, suscita perplessità la grafica minimalista, coerente con la limitatezza dei fondi della nuova casa discografica.

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