Una cosa è certa : bisogna andare e stare sulla strada, intraprendere un viaggio. Solo così sarà possibile effettuare nuove esperienze, vedere luoghi nuovi, conoscere persone differenti. Come a dire che laddove finisce la poltrona inizia la vita . Questo in soldoni è il messaggio veicolato da un romanzo epocale come "On the road" a firma di un autore come Jack Kerouac e pubblicato a metà del secolo scorso . Tanto determinante da essere non solo il libro di riferimento della Beat generation, ma anche tale da esercitare un influsso nei decenni successivi per le giovani generazioni che si riconoscevano nella cosiddetta controcultura in contrapposizione all'establishment.
È questa la doverosa premessa per vedere ed apprezzare appieno il film "La Valle'e", diretto da Barbet Schroeder nel 1972, oggetto di questa mia recensione . Ed in effetti questa pellicola ha una storia tutta particolare poiché allora in Italia non fu doppiata, né distribuita. Barbet Schroeder era in fondo un autore di nicchia (il suo precedente lungometraggio "More" non aveva incontrato grande riscontro commerciale ), tuttalpiù poteva essere indicato per quei cine d'essai frequentati da studenti universitari inclini ad aprire dibattiti interminabili dopo la visione di un film . Quello che si sapeva, sempre qui in Italia, era che il gruppo dei Pink Floyd aveva inciso nel 1972 un album (conforme al loro stile psichedelico) dal titolo "Obscured by clouds" che era la colonna sonora di un film dal titolo "La Valle'e". E per poter vedere l'opera son dovuti passare alcuni decenni perché solo una decina di anni fa, nell'ambito della collana "Raro video / Visioni underground", è stato pubblicato il dvd del film suddetto in lingua originale con opzione dei sottotitoli . Verrebbe da dire che non è mai troppo tardi... Ma al di là delle stranezze prima citate relative alle difficoltà distributive, merita recuperare il film per validi motivi che poi richiamerò.
Al centro della vicenda c'è Viviane (interpretata da una brava e fulgida Bulle Ogier), giovane moglie del console francese a Melbourne, che si trova in Nuova Guinea. Tipica ricca donna parigina annoiata e un po' stressata (impagabile la scena in cui si lamenta con un tassista per la lentezza con cui procede il traffico cittadino in un centro abitato dell'isola ..), ha un'attività di import di oggetti esotici. In particolare vorrebbe procurarsi rare piume di uccelli locali da far recapitare a boutiques parigine. Ma per riuscire in questo intento dovrebbe recarsi in una zona inesplorata della Nuova Guinea. Fortuna vuole che incontra e conosce un gruppo di hippies francesi anche loro intenzionati a raggiungere quella zona e decide pertanto di seguirli. Solo che questi giovani suoi connazionali hanno uno scopo diverso dal suo: intendono raggiungere quella zona per il solo fatto che si tratta di una valle mitica che non viene riportata in alcuna mappa, perché costantemente coperta di nubi. Il viaggio risulterà cruciale per Viviane stessa non tanto per l'acquisizione delle piume rare prima citate, ma soprattutto per la maturazione interiore che la cambierà . Infatti finirà con il far sua quella filosofia di vita hippy dei compagni di viaggio, adattandosi alle pratiche di libero amore, di assunzione di sostanze naturali dagli effetti stupefacenti, di maggior sintonia con la vita naturale .
Al punto che, nel percorso per giungere a destinazione, Viviane e gli hippies incontreranno gruppi di indigeni della tribù Mapuga alle prese con celebrazione rituali volte a propiziarsi il benvolere delle divinità oggetto di culto animistico. Sarà però evidente che una vera sintonia fra persone di mondi così diversi non è concepibile : anche gli hippies, nei riguardi di quegli indigeni, risultano semplici turisti provenienti da una parte di mondo totalmente alieno. E successivamente sarà amaro constatare che, giunti sfiniti in prossimità della meta, i nostri viaggiatori potranno solo giusto vedere i raggi del sole squarciare la fitta coltre di nuvole che grava sulla valle mitica, sorta di Eden terrestre posto all'orizzonte, pur sempre difficile da raggiungere...
Dicevo, a mo' di premessa, che il tema del viaggio è il leit motiv che informa questa pellicola di Schroeder, autore molto attento a registrare obiettivamente le tensioni giovanili di quegli anni. Se in "More" i protagonisti rappresentavano quella deriva autodistruttiva di chi si immergeva nel mondo della droga per sfuggire ad una realtà ritenuta grigia, in "La Valle'e" si riscontra una sentita necessità (molto diffusa a quel tempo) di portarsi in zone lontane dal mondo civilizzato, alla ricerca di un Eden perduto (nel mitico Oriente) ove ricrearsi una vita differente . Oltretutto, si nota nel film la propensione dei personaggi a porsi in viaggio poiché è questo fatto stesso ad essere importante, più che raggiungere una meta mitica. Infatti dal finale dell'opera non si ha un'indicazione certa che il viaggio giunga a destinazione. Solo Viviane, colei che nel cammino ha acquisito una diversa coscienza, riesce a vedere in lontananza la zona di cui tanto si è favoleggiato.
Aggiungerei infine un'altra considerazione. Un film così, editato nel 1972, ci parla di una mentalità tipica di quei tempi, quando c'era maggiore propensione e curiosità a porsi in relazione con mondi e persone diverse dalla nostra civiltà. Che ci sia stata successivamente un'involuzione (anziché un'evoluzione) nello spirito dei tempi lo notiamo sotto i nostri occhi. Se la caduta del muro di Berlino nel 1989 ha fatto credere che il mondo si sarebbe allargato ed uniformato, oggi non sfugge quanto le nostre società abbiano intrapreso un percorso inverso. Senza citare i fatti storici salienti del ventunesimo secolo fin qui trascorso, ora ci ritroviamo con nuovi muri, diffidenza e paura verso il diverso (leggi migranti), isolamento indotto da eventi pandemici. In questo quadro mondiale , intraprendere un viaggio di formazione come caldeggiato ai tempi della Beat generation è purtroppo solo utopia retro'.
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