Come avranno notato coloro che hanno modo di leggere le mie recensioni postate su Debaser, solitamente analizzo film catalogabili come risalenti al '68 e dintorni. Vuoi per mie ragioni anagrafiche (appartengo alla schiera dei baby boomers), vuoi perché comunque in quel frangente storico gli stimoli culturali erano abbondanti (ed ottimi), spesso e volentieri ritrovo sempre spunti interessanti nei film (e non solo) di allora da analizzare e proporre. A volte incappo in opere curiose e forse non del tutto classificabili come testimonianze coerenti a certo spirito libertario e di rottura rispetto a schemi vigenti ed accettati nella società di quel tempo.
Ed è proprio questa considerazione che mi viene spontanea tutte le volte in cui rivedo "More" realizzato dal regista francese Barbet Schroeder (allora alla sua prima opera) nel 1969. Presentato al festival di Cannes in quell'anno, il film assurse al rango di opera maledetta di nicchia ottenendo solo un discreto successo di pubblico in Francia, mentre da noi fu distribuito non senza subire qualche sforbiciata dall'allora occhiuta censura italiana .
I fatti esposti nella trama sono certamente crudi. Un giovane tedesco laureato di nome Stefan (Klaus Grunberg) parte in autostop da Lubecca alla volta di Parigi. I suoi intenti sono ben chiari tanto da fargli dire, nella voce fuori campo, che "avevo immaginato questo viaggio come una ricerca. Avevo finito gli studi di matematica e volevo cominciare a vivere. Volevo tagliare i ponti, bruciare le formule e se mi bruciavo anche io mi andava bene. Volevo stare al caldo, volevo il sole e andai a cercarlo". Arrivato quindi nella capitale francese, inizia a vivere di espedienti insieme ad un altro ragazzo, scaltro e simpatico, di nome Charlie. Una sera, mentre si trovano in un appartamento ove si tiene un party, Stefan conosce una giovane americana Estelle (interpretata da un'affascinante Mimsy Farmer) e ne rimane attratto. A nulla valgono i saggi consigli di Charlie che cerca di sviarlo da una ragazza inaffidabile come Estelle. Stefan , alla ricerca di nuove esperienze e di mete esotiche immerse nel sole, la segue fino a Ibiza. Qui emerge il lato nascosto e tenebroso della ragazza che, per quanto carina, risulta una tossica marcia e pure già amante di un uomo di mezza età, anche lui tedesco e dai trascorsi nazi, che non solo gestisce alberghi ma arrotonda le entrate con smercio di sostanze stupefacenti sotto banco. Insomma un quadretto pessimo ma Stefan è troppo perso dietro questa bella puttana e finisce così invischiato nel vortice della droga, provando insieme ad Estelle tutte le sostanze proibite immaginabili, in un crescendo rossiniano da cui uscire è molto difficile . Inutile dire che l'esito finale per lui sarà fatale (diversamente dalla femmina fatale Estelle...)
Cosa mi fa ritenere "More" un film non totalmente in linea con gli umori generali di quella fase di passaggio dagli anni 60 agli anni 70 del secolo scorso? Da un punto di vista formale certo si riscontrano gli elementi salienti di quell'epoca : è un'opera picaresca (on the road secondo una formula abusata allora), si respira un anelito di libertà tanto caro alle giovani generazioni del tempo, molto inclini a provare nuove esperienze . Quindi non mancano pratiche di amore libero, nudismo integrale sotto i raggi del sole in quel di Ibiza (allora ancora una vera meta alternativa di vacanza, prima che divenisse una specie di Rimini spagnola...). Per non parlare poi di uso e consumo di sostanze dopanti atte a favorire un'apertura delle coscienze.
Bene c'è tutto questo (senza dimenticare, ca va sans dire, un'eccellente colonna sonora da trip allucinogeno firmata dai Pink Floyd), ma andando oltre la superficie il regista ci induce ad altre riflessioni. Intanto, quello che viene messo in scena è un processo d'innamoramento veramente distruttivo, quando i sentimenti vengono indirizzati a persone sbagliate come Estelle (qui a dimostrazione della sua natura pericolosa, quasi fosse una mantide religiosa che dopo l'accoppiamento uccide il maschio). Stefan, ragazzo tedesco apparentemente molto razionale, incarna quello spirito romantico impetuoso che in Germania caratterizzò il movimento culturale dello Sturm und Drang e che non si dava limiti :qualsiasi esperienza andava vissuta fino in fondo, fino alle estreme conseguenze . Non per nulla, in una scena del film, Stefan in preda agli effetti delle droghe prende un'asta e tenta di caricare un mulino a vento presente nelle campagne di Ibiza . Si atteggia quindi a novello Don Quixote e non può riuscire nell'impresa proprio come quell'eroe letterario. È quindi vana qualsiasi azione intentata da Stefan.
Ma ancor più devastante è quello che comporta il consumo di droghe di vario tipo, dal semplice spinello di hashish fino al buco di eroina, passando per fasi intermedie all'insegna di acidi lisergici. I due protagonisti, in particolare Stefan mentre Estelle pare più resistente al rincoglionimento indotto dalle sostanze dopanti, si avviano in una spirale di decadenza psicofisica che pare inarrestabile. A vedere quanto si verifica nel corso della vicenda, mi par quasi di sentire quanto potrebbe commentare qualche vecchia zia, riecheggiando un vecchio adagio popolare tipo "il troppo stroppia!". In realtà il regista non ha intenti moralistici, si limita a registrare i fatti per quello che sono, da osservatore distaccato che svolge una normale disamina scientifica. La quale ha comunque un carattere raggelante dato che in quegli anni l'assunzione di droghe era un po' intrisa di un alone romantico e solo un brano come "Heroin" dei Velvet Underground descriveva obiettivamente l'esatta natura della tossicodipendenza. Solo successivamente si comprenderà che qualsiasi abuso di sostanze illecite (e pure lecite come tabacco ed alcool) non rende sani e liberi chi le consuma. E certamente i personaggi del film come Stefan ed Estelle non si trovano a vivere una condizione ottimale. Tuttalpiù anche per loro vale quanto scrisse il famoso romanziere americano Francis Scott Fitzgerald :"Naturalmente, ogni vita è un processo di demolizione."
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