In passato avrei sicuramente schifato i Baustelle, liquidandoli con un perentorio solito gruppetto italiano che fa la solita canzonetta italiana. Eppure mi sono ricreduto ascoltandoli seriamente.

"La malavita" del 2005 è il terzo disco della band di Montepulciano, ed il primo sotto una major, ma a conti fatti il sound è rimasto molto simile al precedente lavoro, il cossidetto effetto "passaggio" non c'è stato.

Quello dei Baustelle è un pop-rock molto elegante e orchestrale, pieno di citazioni colte, motivo principale che attira mandrie di detrattori che accusano Bianconi di essere solo un professorino saccente e borghese. Ma facciamo passare i testi non-sense e le barocconate metriche di altri e dobbiamo crocifiggere loro perchè citano quel artista o poeta? Non va bene.

Dopo una breve intro strumentale"Cronaca nera" abbiamo davanti dieci canzoni che sono dieci affreschi con ognuno una storia o un personaggio dietro e altrettanti scenari.

"La guerra è finita" è il pezzo più conosciuto del disco, fatto giustamente singolo e passato nelle radio a suo tempo, scorrevole e interessante.

Seguono la celestiale "Sergio", una più introspettiva "Revolver" cantata da Rachele Bastreghi e uno dei pezzi da novanta della loro discografia "I provinciali" un affresco sobrio e retrò.

Mentre la poesia del "Corvo Joe" epure "Un romantico a milano" le vedrei bene come sottofondo di un film western di altri tempi ma non chiedetemi perchè.

Nella seconda parte del disco con canzoni come "Cuore di tenebra" e "Perchè una ragazza di oggi può uccidersi" la voce di Francesco Bianconi si avvicina elambisce territori De andreiani senza tuttavia risultare fastidiosa.

Una band che si è ritagliata meritatamente il suo spazio nell'asfittico panorama mainstream italiano e un piacevole e fresco lavoro da scoprire o riascoltare nell'attesa non lontana del loro nuovo disco.

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