Disco sottovalutatissimo ed è un peccato: "Drawing Restraint 9" non è solo un omaggio musicale al film di Matthew Barney (marito di Bjork), nè un regalino per il suo amore, è un disco vero che funziona anche senza accompagnato dalle immagini deliranti della pellicola. Può risultare di ascolto difficile, ma la musica rapisce: bastano le prime note di arpa nel primo pezzo "Gratitude" (affidata alla voce di Will Oldham) per esserne ammaliati: è una canzone oscura, profonda e impalpabile con un carinissimo coro di bambini giapponesi sul finale, in "Pearl", invece si continua il viaggio musicale cominciato con "Medùlla", sul ritorno alle origini, alla voce, il più antico degli strumenti musicali: ecco quindi la cantane eschimese Tagaq che offre la performance di rumori gutturali, accompagnata dallo sho, antico strumento musicale giapponese caduto in disuso.
"Ambergris March" è un'allegra incursione strumentale di glockenspiel e xilofoni, che rallegra, "Hunter Vessel", una spaventosa, ma ammaliante incursione di fiati, interessante anche "Holographic Entrypoint", dieci minuti di teatro No, splendidi anche i pezzi di solo sho come "Shimenawa" o la conclusiva "Antartic Return". Ma sono i pezzi cantati da Bjork ad essere i capolavori: "Storm" su tutte: rumori di fondo inquietanti ed elettronici, tempeste, mare e catene con la voce di Bjork che offre una splendida interpretazione, "Cetacea", grazioso duetto di glockenspiel e voce con una incredibile performance vocale e "Bath", delirante canzone su pianoforte elettrico.
Che dire? "Drawing Restraint 9" è un disco ardito, come il film che accompagna, forse un disco di transizione, ma un passo essenziale nella carriera del folletto islandese. Da ascoltare comunque.
Carico i commenti... con calma