Una pessima abitudine che si ha quando si parla di un gruppo fondamentale come quello dei Black Sabbath è di limitarne il periodo maggiormente prolifico ai primi anni Settanta. Stando a molti commenti sembra quasi che dal 1976 in avanti il gruppo abbia smesso di esistere o di produrre alcunchè di significativo, anzi, stando ad un commento da me letto "i cantanti venuti dopo Ozzy non se li ricorda nessuno". Come se mostri sacri del rock come Ronnie James Dio, Ian Gillan, Glenn Hughes fossero degli onesti sconosciuti.

Va anche riconosciuto che la formazione storica del gruppo è quella maggiormente riconoscibile, sia come stile che come immagine, vista la lunga serie di album prodotta, cosa che invece non riuscità alle versione successive del gruppo, che, mediamente, dureranno tutte l'arco di pochi mesi. Tra i lavori meno del quartetto di Birmingham c'è sicuramente questo "The Eternal Idol", pubblicato nel disinteresse generale nel 1987. Sin dai primi ascolti ci si rende subito conto di come ci si allontani in modo definitivo dallo stile maggiormente progressivo e sperimentale di certi lavori degli anni Settanta (basti pensare al capolavoro "Sabbath Bloody Sabbath" del 1973) per prororre un heavy metal solido, a tratti quasi epico.

Valorizzato dai sempre ottimi assoli di Tony Iommi, ormai leader assoluto del gruppo, e dalla sezione ritmica, che vede nuovamente dietro le pelli Eric Singer, batterista statunitense futura stella dell'heavy con Alice Cooper e Kiss, oltre che richiesto turnista, ed il nuovo arrivato Bob Daisley al basso, titolare di un curriculum in cui spiccano partecipazioni a dischi di Ozzy Osbourne e Rainbow. Alle tastiere viene riconfermato il fidato Geoff Nicholls, nel gruppo ormai dal 1979, mentre alla voce troviamo un altro nuovo acquisto, Tony Martin, ex Alliance, reclutato in fretta e furia per sostituire il defezionario Ray Gillen. Martin ebbe a disposizione solo una settimana per registrare nuovamente la linee di voce (la demo originale del disco, con Gillen dietro il microfono, è reperibile come bootleg), lavoro piuttosto duro, visto che si ritrovò a dover cantare con uno stile abbastanza diverso dal proprio e a ricantare brani pensati per la voce di un altro, ma il risultato fu comunque notevole, non a caso Martin fu confermato da Iommi anche sui successivi dischi del gruppo, "Headless Cross" (1989) e "Tyr" (1990).

Per capire questo album dobbiamo anche capire il contesto in cui è stato concepito. Dopo la dipartita di Ian Gillan nel 1984 la formazione era letteralmente esplosa, con i membri storici Bill Ward e Geezer Butler che avevano velocemente abbondanato, non prima però di aver reclutato dietro il microfono Ron Keel prima e Dave Donato poi, e aver anche trovato il tempo per un concerto reunion con Ozzy nel 1985 al Live Aid. Iommi, con i Black Sabbath ormai sciolti, inizia a lavorare in quel periodo a quello che sarebbe dovuto divenire il suo primo album solista, riuscendo ad ingaggiare come cantante l'ex Deep Purple e Trapeze Glenn Hughes. Messa in piedi una valida formazione che vede anche la presenza di Geoff Nicholls alle tastiere, di Eric Singer alla batteria e di Dave Spitz al basso, viene registrato "Seventh Star" (1986), album con forti influenze blues che, per pure pressioni dei discografici, si decide di far uscire a nome "Black Sabbath featuring Tony Iommi".

Il tour si rivela un disastro, con Hughes devastato da anni di eccessi ed incapace, stando alle dichiarazioni ufficiali, di interpretare al meglio i vecchi classici del Sabba Nero. Cacciato l'ex Purple arriva quindi il giovane Ray Gillen, autore di una prova convincente (diversi sono i bootleg reperibili, tra cui "Hammersmith 1986", piuttosto semplice da trovare) che gli darà la possibilità di diventare titolare dietro il microfono. Con il nuovo album ormai pronto per essere pubblicato, però, Gillen decide di abbondonare, dubbioso sul futuro del gruppo di Birmingham; a questo punto, visto che morto un papa se ne fa un altro, Iommi recluta l'ennessimo cantante nella storia del gruppo (il nono in dieci anni!), riregistra il disco, lo pubblica e finalmente si parte per il tour. Il disco si rivelerà uno dei meno venduti tra tutti quelli pubblicati a nome Black Sabbath, ma allo stesso tempo si tratta, a mio parere, di uno dei migliori della loro discografia, oltre che essere il migliore degli anni Ottanta, anche migliore del blasonato "Heaven And Hell" (1980).

L'apertura è affidata a "The Shining", brano che si apre con un bell'arpeggio e che è la rielaborazione di un brano del 1984, "No Way Out", registrato con Dave Donato alla voce e mai pubblicato. Si continua con "Ancient Warrior" e "Glory Ride", uno dei pezzi riusciti del lotto e che, non a caso, verrà riproposta anche in tournée successive a quella di promozione del disco. Tra i pezzi presenti sul disco una menzione speciale va sicuramente riservata a "Scarlet Pirmpernel", breve strumentale che vede però alle percussioni Bev Bevan, batterista che aveva accompagnato il gruppo durante il tour di "Born Again" e che da lì a breve sarebbe rientrato in formazione, e "Nightmare", pezzo che si fa notare non solo per le sue qualità ma anche per una "comparsata" di Ray Gillen: la risata che si sente verso la metà del pezzo infatti è sua ed è tutto ciò che rimane, stando almeno alla discografia ufficiale, della sua militanza nel Sabba Nero.

L'album si chiude con l'accoppiata "Lost Forever"/"Eternal Idol", due pezzi da novanta che oggi farebbero la fortuna di qualsiasi gruppo heavy ed in cui rieccheggiano i Sabs più doom dei primi anni Settanta: peccato che all'epoca un disco di tale livello sia passato inosservato. L'album, oltre al suo effettivo valore, ha inoltre avuto il merito di aver portato Tony Martin in formazione, cantante con il quale Tony Iommi darà vita negli anni Ottanta e Novanta ad un nuovo e prolifico corso dei Black Sabbath.

PS: malgrado la presenza tra i crediti di Dave Spitz al basso, tutte le linee di basso sono state registrate da Bob Daisley.

Scaletta: 

1. The Shining 
2. Ancient Warrior 
3. Hard Life To Love 
4. Glory Ride 
5. Born To Lose 
6. Nightmare 
7. Scarlet Pimpernel 
8. Lost Forever 
9. Eternal Idol 

Musicisti: 

Tony Martin: voce 
Tony Iommi: chitarre 
Dave Spitz: basso (è accreditato, ma non ha registrato il disco) 
Bob Daisley: basso 
Geoff Nicholls: tastiere 
Eric Singer: batteria 
Bev Bevan: percussioni     

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