Tradotto più o meno bene il titolo di quest'album suona più o meno così: "le montature possono essere prese per buone". O per i più raffinati "tra essere e sembrare il confine è assai labile (ammesso che sia sempre necessario)"
Sorprendentemente scoperti anche in Italia grazie al (benemerito) interessamento di Thurston Moore dei Sonic Youth, che pubblicò il loro splendido debutto "La Mia Vita Violenta" sulla label Smells Like Records SLR, i Blonde Readhead sono infatti un gruppo per due terzi italiano: i musicisti, infatti (due fratelli) elaborano raffinate e sperimentali trame "soniche" al centro delle quali si esibisce la vocalist e guitar-leader giapponese Kazu Makino.
Dopo tale esordio, accolto entusiasticamente dalla critica, il gruppo, naturalizzato in quella New York post Velvet Underground e Andy Warhol e ora patria dei Sonic Youth (ma il profilo culturale è abbastanza ben conservato) che dagli inizi ha sperimentato l'incontro tra "Rock" (o comunque musica che si ricollega all'idea del Pop) e Arte (colta), (Pop Music vs Pop Art), con questo secondo lavoro approdano alla Touch & Go di Chicago, label di Fugazi (storici capiscuola del noise-rock) e Shellac, alla quale poco prima era giunto un altro splendido gruppo italiano: i catanesi Uzeda. Dunque sono a volte i gruppi e i produttori d'Oltre Oceano a scoprire i gioielli di "casa nostra", essendo poi anche i Colleghi d'Oltre Manica a restarne incantati fino a volerli in tour con sé: gli Stereolab, infatti esponenti di spicco dell'indie-rock nnico (peraltro molto vicini ai Velvet Underground) adorati a loro volta da Paul Hartnoll degli Orbital ("other faces, other voices" ma stesso livello molto alto) per voce del loro leader Martin Kean... name... fecero sapere che i Blond Redhead "sono come i Sonic Youth, ma forse un po' meglio, con qualcosa in più che non si riesce bene a definire...".
Momentaneamente sotto gli stessi riflettori di Page Hamilton e Ian Mc Kaye negli States, ospiti fissi di Arezzo Wave ed altri eventi fondamentali (ma purtroppo "d'elìte") in Italia, gli autori di queste autentiche finzioni o (finzioni autentiche) in questo disco si avvicinano forse a una forma più elettrica e compatta delle loro composizioni (le lingue impiegate sono Inglese, talvolta Francese e Tedesco) sempre con un'intuizione melodica che affiora da una forma ora strutturata in architetture più sofisticate ora più "fratturata", per impiegare un altro slang.
Più percussivi, più densi a livello chitarristico (sembra infatti che la vcinanza alle bands citate con l'aggiunta dei fuoriclasse Jesus Lizard, sempre targati Touch & Go) abbia sortito un ulteriore arricchimento dal punto di vista compositivo. In episodi quali "Kazuality", "Symphony Of Treble" o "Pier Paolo" (stessa dedica al grande Regista e Scrittore dell'album di esordio) ciò forse appare più evidente. Forse non avrà lo stesso pathos lirico del disco d'esordio, forse una produzione più ad "hoc" che tuttavia lascia meno libertà all'espressione creativa ha finito per giocare come un fattore limitante, forse (semplicemente) si tratta di un lavoro meno ispirato del precedente.
La maestria alle chitarre e le linee di basso cadenzate e ipnotiche come certa post-wave, e il drumming che a volte sembra davvero uno degli aspetti più affascinanti, nonché la voce particolarissima, sottile, quasi fragile ed al tempo stesso fortemente espressiva della cantante, caratterizzano comunque quello che se non "il miglior album" (anche perchè solo il secondo) è sicuramente come minimo una conferma del talento reale e tangibile, dei suoi Autori. I quali hanno recentemente affermato di "vivere l'esperienza di una musica vicina nella forma ai Sonic Youth ma con nell'anima la sensibilità di Lucio Battisti...". Forse ciò che il frontman degli Stereolab non riusciva a cogliere è proprio questo... sper(iam)o sia proprio così.
Lucio Battisti meets Thurston Moore? Possibly Maybe...
Mind the Gap, please.
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