Blue Oyster Cult- Mirrors-1979

Veterani delle scena hard rock,considerati i B.Sabbath americani, i Blue Oyster Cult, in giro sin dai primi anni Settanta, sono stati tra i gruppi ispiratori di tanta parte dell'heavy metal moderno. Creatori di un universo immaginario che mescola orrore, fantascienza, fantapolitica, noir e fantasy.

In piena epoca disco e new wave, il metallo pesante e le atmosfere ossessive del 'Culto dell'Ostrica Blu', vengono impreziosite -ma anche secondo i vecchi fans tradite- da contaminazioni con tutti i generi, dal beat, al boogie sudista, all'honky-tonk, psichedelia, blues, rock'n roll fino ad ottenere uno strambo ma affascinante psycho-heavy-rock californiano.

Insomma pure i BOC, dopo gli album del sospirato e meritato successo mondiale -Agents of Fortune, quello della famosa e struggente Don't fear the Reaper, e Spectres, con Godzilla-, dei raggi laser, degli stadi pieni, chette fanno...Si buttano nel riflusso, e pure un pò nella disco che allora furoreggiava. Ma questo non vuol dire che Mirrors sia un album disco: è un pò un ritorno a certe loro radici anni 60 in chiave moderna

Insomma per alcuni i BOC si sono svecchiati e sdoganati, ma tanti fans sto disco non lo sopportano proprio.  In fondo Mirrors è un gran bel lavoro, migliore di Spectres, e del  suo fumettone Godzilla, e propedeutico al capolavoro di Fire of unknown origin.

E' certo il periodo della decadenza del gruppo, del ripiegamento in chiave intimista delle magie ufologiche e sentimentali dell'adolescenza, degli amori perduti dopo la parata nera dei mostri e del male,  ma è anche quello delle canzoni più arcane, più commoventi, a cui è difficile rimanere insensibili: e forse sono anche le meno roboanti, più vicine e più vere.  A prescindere dagli album sbagliati, i BOC hanno un sound inconfondibile, anche in questi tardi anni 70. Gli arrangiamenti vocali e strumentali sono bellissimi, le tastiere eccellenti, le chitarre sempre in prima linea...Mi sembra di rivivere uno psicodramma di quell'ultima estate degli anni 70 risentendo quest'album: magie, lune, amori, illusioni, presenze inquietanti...

Apre le danze la stupenda Doctor music, con reminiscenze al Chuck Berry di Rock'n'roll music, basso pesante e stacchetti disco(!). Spiccano In Thee, con bei vocalizzi e accordi che ricordano un pò "Sweet Jane" di Lou Reed, quindi The Great Sun Jester", gioiellino di canzone sul sole come archetipo, la title track "Mirrors " sorta di disco- rock è forse l'episodio un pò più incerto, tra pop disco music e Hard rock . Al californian psichedelic pop di Mooncrazy ...( Che bel sogno dolce amaro di mezz'estate 79: "mooncrazy summer of changes, let the shine on, until the feeling is gone dreamin what could it be, Summer's embraces Had a hold on me)
Segue
The vigil", e dal testo misterioso, marziale e suadente allo stesso tempo, solo questa vale l'album;  quindi la metallica I am the storm, il pop adolescenziale della deliziosa You're Not The One (I Was Looking For)

L'ultima perla: lo  struggente il finale con Lonely Teardrops : il sogno sta finendo e il cielo è plumbeo di tempo che stende su tutto un film pesante di malinconia di qualcosa, qualcuno, un amore, la giovinezza, che ci è stato tolto e non potrà tornare più.

The sky is grey and I am cold
Lord I tell you, Lord I tell you
All I want to do is get back home

L'album fu  considerato un mezzo fiasco ma in Europa vendette abbastanza. Ma più l'ascolti più è favoloso.. è un classico perduto.

Ai cori, in un paio di canzoni ("Dr. Music" e "Mirrors"), la famosa cantante e corista Ellen Foley.

Valerio Rivoli (piangente)

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