L'inizio degli anni '70 per il menestrello di Duluth non furono anni facili. Dopo essere stato una celebrità nei gloriosi anni '60, acclamato dalla critica e dai fans (oddio, quasi sempre, anche se dopo la svolta elettrica iniziata con il festival di Newport del 1964  i puristi del folk volevano linciarlo), Dylan pensò di abbandonare momentaneamente la scena, dedicandosi alla famiglia e ritirandosi nella sua tenuta nei pressi di Woodstock, allontanandosi così dalla pressione dei media, dei fans e dalla droga che ne stavano minando la salute.

La scusa ufficiale fu un presunto incidente in moto, ma Dylan non ne poteva più di quel mondo che lo aveva comunque arricchito e dato celebrità. Nei primi anni del nuovo decennio fece uscire un paio di album discreti nel contenuto, ma comunque molto venduti ("New Morning" e "Planet Waves", che conteneva però la gemma "Forever Young") per poi pubblicare nel 1975 il suo disco migliore degli anni '70, il celeberrimo "Blood on the Tracks", album che risentiva molto del dolore provocato dalla separazione dopo 8 anni dalla moglie Sara Lowdes, con cui ebbe 5 figli.

Nel 1976 uscì "Desire", opera molto interessante, che ha come suo grande estimatore anche Robert Plant, il quale negli anni '90 né pubblicò alcune cover nel suo album "Dreamland". L'album si apre con una canzone che anche i muri conoscono, la grande "Hurricane", dedicata al pugile afroamericano Rubin Carter detto "Hurricane", che nel 1966 fu ingiustamente accusato di omicidio e liberato poi verso la fine degli anni '70. Dylan descrive in maniera dettagliata in questa canzone la storia di quest'uomo, in una cavalcata di oltre 8 minuti accompagnato ai violini dall'artista di strada Scarlet Rivera e da una possente band che dà al brano un ritmo incalzante dal sapore tex-mex. Altri brani importanti in questo disco sono la gitana "One more Cup of Coffee" e "Oh Sister", ballate folk dalle atmosfere messicane, accompagnato ai cori dalla cantautrice EmmyLou Harris, famosa anche per aver collaborato ad un bellissimo album di Gram Parson. In coda al disco la canzone "Sara", dolce e malinconica ballata dove l'autore ricorda con rimpianto gli anni passati con la moglie ed i figli. Si dice che Dylan la fece ascoltare alla moglie durante le registrazioni dell'album, riuscendo a riallacciare i rapporti con lei per un certo periodo.

Un ottimo disco, forse nascosto un po' dalla fama di "Blood on the Tracks, ma da avere se appassionati di folk rock e di Dylan.

Carico i commenti... con calma