In quest’album, la deriva esistenziale trova la sua massima espressione musicale.

Nell’ascoltarlo, ancora oggi, a distanza di trent’anni, si rivivono nella più totale interezza i fantasmi di un animo sconfitto, sofferente, malinconico, vagabondo e solo. Un ruolo di primissimo piano gioca la voce di Bob Dylan, mai più così magnetica, profonda e vera. Il tutto cadenzato da testi alle volte commoventi, altre volte sferzanti e taglienti come lame di ghiaccio che lentamente affondano nell’animo umano.

E non passa certamente “inosservato” quel violino dolente che fa da filo conduttore emotivo a tutte le canzoni, le unisce indissolubilmente e concettualmente in un unico acutissimo senso di perdita e dolore incolmabili. "Desire" è a tutti gli effetti la più radicale incarnazione della depressione umana. La febbrile apertura affidata a Hurricane si protende in un accusa disperata e rabbiosa. E’ acida critica allo scaduto moralismo statunitense ed ai suoi giudizi sommari, un susseguirsi di immagini in bianco e nero come schiaffi, sputi in faccia, come abbandonate rovine davanti al mare, rabbia agrodolce sul tramonto di tutte le certezze e speranze future. Hurricane denuncia con veemenza, atrocità giuridiche inghiottite, soffocate e messe a tacere per troppo tempo. In questo Dylan non è mai cambiato dall’inizio del suo “pellegrinaggio” artistico: nell’essere sempre toccato e turbato dalle ingiustizie subite da chi non se le merita, dagli onesti, dagli assidui e bravi lavoratori, specialmente se di colore.

Dopo Hurricane, il suo canto si fa meno aspro e tutta la rabbia si trasforma in cocente tristezza. Le sue parole non sono di speranza, sono amare e disilluse. Isis, macabra ballata su cui aleggia un cupo presagio di morte, pone l’attenzione su tutt’altro tema: non c’è più la feroce critica sociale all’ingiusta incarcerazione del pugile nero Rubin “Hurricane” Carter, bensì l’amarezza ed il senso di vuoto lasciati dai postumi della separazione di Dylan dall’amata moglie Sara. Idolatrata dieci anni prima, nella splendida e visionaria ballata Sad–Eyed Lady Of The Lowlands, la figura quasi divina della moglie riappare più volte nel corso dell’album come uno spirito sacro. Appare in Isis (“ …ho sposato Isis il quinto giorno di maggio, ma troppo a lungo non ci ho saputo restare… . ” ), in One More Cup Of Coffie (“ …..la tua voce è un’allodola nel prato, ma il tuo cuore è come un oceano misterioso e abbuiato…”), ed ancora nella splendida e tristissima Oh Sister: ”…se vengo a bussarti la porta non ti girare, o la tristezza creerai, il tempo è un oceano ma finisce alla riva, chissà domani se mi rivedrai…”.

Infine, come “epitaffio” dell’album figura un pezzo che si intitola Sara, un lungo brivido di malinconia che si propaga nell’aria, una danza macabra dilaniata da un celato violino ciardante, il tutto cadenzato da splendide frasi, quali: ” …..posso ancora udire il suono di quei rintocchi metodisti, avevo fatto la cura e ne ero appena uscito, scrivendo Sad-Eyed Lady of The Lowlands per te all’ hotel Chelsea, sveglio per giorni e giorni son restato… . . ”.

Perché "Desire" suona ancora oggi così: dolente come il canto fuori campo di una storia bislacca, lacrimosa, triste, a tratti rancorosa.

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