Inizio questa rece con un colpo di retorica dicendo che "Empire Burlesque" e l’album più sottovalutato di Dylan. Con questo non voglio però dire che siamo di fronte ad un “Blood on the Tracks” o a un “Blonde on Blonde", ma semplicemente che troppo spesso è stato commesso l’errore di classificarlo come uno di quei brutti album della seconda metà degli anni ’80 (“Knocked Out Loaded”, “Down In The Groove”) quando le cose stanno in maniera del tutto diversa. E’ un album contraddittorio.

Partiamo dal sound: è un suono anni ’80, in alcuni pezzi davvero pesantemente, e questa è una delle critiche principali che gli sono state levate contro, sia a livello generale di critica, che lo accusa di essere un lavoro oramai invecchiato, sia per quanto riguarda i fan, che non dimenticano le ottime versioni in stile rock più tradizionale di alcuni pezzi come “When the Night Comes Falling From the Sky” o “Someone’s Got a Hold of My Heart” (poi trasformata in “Tight Connection”) per diverso tempo circolate in bootleg e poi ufficializzate nel “Bootleg Series 1-3”. In effetti i rimaneggiamenti operati da Dylan e Baker sulle esecuzioni originarie invecchiano la musica, la “collocano” temporalmente e le danno un caratteristico sapore di musica “leggera”, da essere consumata lì per lì, ma l’effetto, anche oggi, non è necessariamente negativo. Il brano d’apertura, “Tight connection to My Heart”, è quanto meno piacevole e l’altra ballatona, “When the Night Comes Falling From the Sky” è davvero notevole, anche per merito di un’interpretazione ispirata di Dylan, e il sound al sintetizzatore è a tratti contraddittorio, ma rende la canzone una miscela sfuggente e intrigante. Un po’ più ne risentono i brani maggiormente rock: “Seeing the Real You at Last”, “Clean Cut Kid” sono canzoni piacevoli, ma forse avrebbero potuto suonare un po’ meglio; “Trust Yourself” è l’unico pezzo brutto dell’album (anche se ho letto da qualche parte che qualcuno la considera uno dei pezzi forti, un altro esempio di quanto sia contraddittorio “Empire Burlesque”). Le canzoni lente sono anch’esse davvero ambigue: “I’ll remember you”, “Never gonna be the same again” e “Emotionally Yours” (la migliore del trio, bellissima) sono tra le canzoni dai testi più scarni e banali a cui Dylan ci abbia abituati (“I’ll remember you when I’ve forgotten all the rest. You to me were true, you to me were the best”) ma vanno dritte al cuore senza troppi fronzoli, e sono dolcissime e irresistibili. Ma il piatto forte arriva con le ultime due canzoni: “Something’s burning, baby” ha un sound cupo, maestoso, da marcia funebre, che mostra un Dylan davvero insolito. Una canzone eccezionale. E poi c’è l’ultima contraddizione dell’album: “Dark Eyes”, completamente acustica, un vero capolavoro. Un brano ipnotico, trascinante e pungente in cui Dylan suona accordi volutamente sbagliati e ci regala un’interpretazione degna dei migliori brani di “Oh Mercy”.

Ho dato 3 stelle a “Empire Burlesque” perché: 5 stelle si danno (o si dovrebbero dare) solo agli album che sono delle pietre miliari non solo nel panorama dell’artista ma della musica in generale (nel caso di Dylan ne individuo almeno 4 o 5… o forse 6... alt! Torniamo a noi!), e 4 stelle agli album senza difetti ma meno importanti per il funzionamento del sistema solare (che so, uno “Street Legal” o un “Oh Mercy”). 3 stelle significa un buon lavoro. Significa che ci sono dei punti deboli ma che lo sforzo è positivo e là dentro c’è della buona roba. Gli ho dato 3 stelle perché con tutti gli album da 3 stelle di questo mondo condivide il triste e ingiusto destino di venire ascoltato solo dai fan più sfegatati, e ignorato da tutti gli altri. Davvero un destino triste e ingiusto per un album come questo. Se almeno in qualche raccolta si vedesse una “Dark Eyes” o una “When the Night Comes Falling From the Sky” al posto di canzoni inutili come “Silvio”… The Electric SpyPS: Quest’ album ha anche il libricino coi testi delle canzoni! Credo che sia l’unico caso nella discografia di Bob, almeno su CD!

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