Epico, immortale, lisergico, a tratti strafottente ed irritante, a tratti isterico e schizofrenico, questo live è pregno di vera tensione tra i “due” grandi protagonisti: il mistico e febbricitante Dylan ed il suo pubblico; perché mai, ma proprio mai più nella storia del rock, come invece accade in questo splendido live, il pubblico è stato così vivamente co-protagonista e partecipe del concerto.

E’ nell’aria, nella musica, nel respiro tra una canzone e l’altra, trasuda dal “verbo” di Dylan ed anche da quello del pubblico, lo si percepisce a pelle quel rancore, quel senso di risentimento e di sbeffeggiante tradimento che da tempo caratterizzava i concerti del Nostro. Il “fattaccio” era avvenuto qualche mese prima, al festival di Newport del 1965, durante il quale Bob Dylan ebbe il coraggio di sfidare i puristi del folk esibendosi con una strumentazione elettrica. Da allora ogni sua esibizione in pubblico era uno shock, un vero scandalo. E questo live riesce nella non facile impresa di immortalare mirabilmente e per sempre, quell'odio del pubblico nei confronti del proprio beniamino e quel Dylan che se ne sta lì sul palco con le terminazioni nervose scoperte.

Abbiamo qui, di fronte il genio che rompe in modo netto ed energico con il suo passato: il folksinger ora non c’è più, è volato via, è morto “forse” per sempre. Non è un caso infatti che questo live si inserisce tra 'Highway 61 Revisited', che già di molto si scostava dalle consuete produzioni del cantautore, e l’ormai prossimo ed ancor più rivoluzionario 'Blonde on Blonde'. Opera centrale e matura dell’arte divinatoria dylaniana, è stato per lungo tempo uno dei Bootleg più famosi della storia del rock – anzi forse il più famoso ed oggi, finalmente pubblicato dalla Columbia, è considerato uno dei live più magniloquenti e geniali di tutti tempi.

La scelta delle canzoni è straordinaria ed il celato nervosismo che le attraversa, le fa apparire sotto una inedita veste all’orecchio dell’ascoltatore. La prima parte, solo acustica ci regala perle in successione: si parte con She Belongs To Me, per passare attraverso la morbidezza malinconica di Fourth Time Around. Poi in rapida e folgorante successione arrivano come una tempesta, Visions of Johanna, It’s All Over Now e Desolation Row. Per finire: Just Like A Woman, Mr. Tambourine Man e l’inedito Tell Me, Momma. Fino a qui applausi scroscianti. Poi Dylan subisce una metamorfosi, imbraccia la chitarra elettrica e attacca con Leopard-Skin Pill-Box Hat, per arrivare fino in fondo al concerto con la mitica Like A Rolling Stone, in una cavalcata elettrica alquanto “chiassosa” ed inaspettata. E allora sono fischi e schiamazzi; il pubblico non ci sta. Dalla folla arriva una voce che grida: Giuda!!. Allora Bob attacca con l’accordo micidiale di Like a Rolling Stone e dice: “non ci credo!… … sei un bugiardo!!!”, dopo di che si gira verso la sua band, urlando: “suonate maledettamente forte, cazzo!!!!!” .

Carico i commenti... con calma