Molti conoscono Phil Collins per essere stato il basso ed ecclettico batterista dei Genesis, per aver avuto una longeva carriera solista ed, addirittura, per aver prestato la sua voce in numerosi lungometraggi targati Disney. Ma pochi, pochissimi sanno che, contemporaneamente alla sua attività nella conosciutissima progressive band, egli diede vita ad un gran bell'esperimento di Jazz-rock che prendeva il nome di Brand X, un gruppo che vide luce nel 1976 (durante le incisioni di A Trick Of The Tail), e lavorava nei momenti di pausa di Collins. 

Attivi dal 1976 al 1980 e in seguito per un paio di album negli anni '90, il quartetto vedeva la presenza (oltre che di Phil dietro le pelli) di John Goodsall alla chitarra, Robin Lumley alle tastiere e il grande Percy Jones al basso. La band fu una delle più belle e piccole realtà degli anni 70', anche se non ebbe molto successo in quanto la scena jazz-fusion, in quel periodo, era completamente eclissata dai Weather Report ed, in parte, dai Soft Machine. Dopo l'album d'esordio "Unorthodox Behaviour" del 1976, il gruppo raggiunse un numero molto scarso di vendite. Per questo, un anno dopo, i Brand X pubblicarono il loro secondo disco, "Morrocan Roll". La band, dopo il Jazz sfoggiato precedentemente, decise di fondere il medesimo genere con un po' di funk che in quegli anni stava appena affacciandosi alla finestra. Il risultato? Un lavoro molto omogeneo e rilassante. A Phil Collins, spesso occupato in altre faccende, si affiancava anche l'ottimo Morris Pert che diede quella marcia in più al complesso per rendere quest'album degno di nome. 

Anche se contrariamente da quello che si dice, piccole influenze progressive si notano eccome. Una prova si ha nella prima e breve traccia, "Collapsar", introdotta da un bel tappeto di tastiere e sintetizzatore che ricordano un po' l'intro di "Eleventh Earl of Mar" da Wind & Wuthering (beh, era lo stesso anno no?). Con "Disco Suicide" si sente anche quella vena funk che caratterizza il lavoro, anche se si tratta sempre di puro jazz-fusion. Passiamo poi al gioello "Hate Zone": qui Phil Collins è disumano, da sfogo a tutta la sua grande abilità di batterista che nei Genesis non traspariva sempre. Il basso di Jones è magico e pulsante, mentre la chitarra di Goodsall ogni tanto esce allo scoperto con tanto di assoli Hackettiani. La violenta e veloce mini-suite "Macrocosm" è caratterizzata da un buon uso di tastiere, accompagnate dalla fedele batteria: probabilmente il cuore dell'LP. "Malaga Virgen" è probabilmente una delle più belle dell'album e ricorda un po' "Nuclear Burn"; infatti è composta da un lungo increscendo strumentale che poi sfocia nel tema caratteristico, riproposto per tutto il brano. La leggiadria "Maybe I'll Lend You Mine After" ci traghetta verso lidi più tranquilli ed orecchiabili, raggiungendo anche canoni più melodici. Si riparte poi con la breve ed inquietante "Orbits", che altro non è che una dimostrazione di grande maestria al basso da parte di Percy, e "Sun In the Night", che invece vede la comparsa anche della voce di Collins: il brano è una ninna nanna elettro-acustica con lievi intermezzi psichedelici (quasi simili a quelli di I Know What I Like dei Genesis: ebbene si, ci sono ancora loro in mezzo!). Infine si passa alla grande e maestosa "Why Should I Lend You Mine", che riprende la traccia precedente. Un inizio lievemente aggressivo ci porta all'interno del brano, tra una rullata di batteria e qualche accordo di tastiera. Il basso, ognipresente, saltella da una parte all'altra, rendendo quasi anarchica la sua presenza; Jones infatti ama uscire fuori dagli schemi più volte, il che fa pensare ad un certo Jaco di nostra conoscenza. John Goodsall riesce allo scoperto e comincia a ringhiare con la sua sei corde, rompendo il ritmo e facendo si che il brano diventi più veloce. Dopo questo breve intermezzo, si lascia ampio spazio all'improvvisazione: rumori quasi impercettibili di animaletti si odono nell'aria, per essere poi sostituiti dalle tastiere che sfociano sempre più lentamente, mettendo fine a questo splendido lavoro.

Consigliato a tutti gli amanti del genere e non. Per tutti quelli che conoscono già il gruppo, vi consiglio anche il precedente "Unorthodox Behaviour" e il grande "Livestock", mentre per chi non ha perfettamente idea di chi siano i Brand X, ascoltate quest'album e farete una scoperta interessante. 

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