La promozione del precedente "Greetings From Asbury Park, N.J." ha portato Springsteen ad esibirsi in quelle arene a cui non è ancora abituato, se poi ci mettiamo che l'aver fatto da spalla ai Chicago non abbia assolutamente dato i frutti sperati, la delusione del 24enne musicista del New Jersey ci sta davvero tutta. L'ultima disastrosa serata del 15 giugno 1973 tenuta al Madison Square Garden è la goccia che fa traboccare il vaso, costringendo il volenteroso Bruce a promettere di non mettere più piede in una arena per un bel po' di tempo.

Il rientro in studio avviene senza più alcuna pressione da parte della compagnia discografica per via del minore interesse manifestato a quello che sarebbe potuto essere il secondo album dell'artista del New Jersey. La stesura dei brani per "The Wild..." conferma una ferrea volontà di riscatto che porta a concepire sette brani, in cui è maggiormente percepibile una felice combinazione di musica e testi, divenendo un'inequivocabile dimostrazione di crescita artistica rispetto a quanto dimostrato con lo sfortunato esordio.

L'introduzione al disco di "The E-Street Shuffle" con le sue scorrerie latineggianti presenta un immaginario da perfetto collegamento con "Greetings....", mentre il desiderio di evasione di "4th Of July, Asbury Park (Sandy)", una ballad dal sapore amaro, mette subito in chiaro l'aspirazione di radicale cambiamento di cui, il Bruce più ambizioso si fa portavoce. Ma se "Wild Billy's Circus Story" può sembrare anomala, l'incisività di "Incident On 57th Steet" mostra quanto una narrazione brillantemente interpretata in un delicato e riuscito contesto melodico, possa contribuire alla creazione di quegli ambiti immaginari tanto cari a una certa cinematografia d'autore. L'apparente festosità di "Kitty's Back" rispecchia l'incalzante incedere ritmico che ben si sposa con i molteplici interventi strumentali, donando alle sfumature jazz ben più di un accorgimento decorativo. A confermare che andando avanti con l'ascolto non si può che gustare il meglio vi sono: "Rosalita (Come Out Tonight)" e "New York City Serenade". La prima è una di quelle canzoni che incarna ancora di più di altre lo spirito autobiografico di un impetuoso Bruce, che su di un ritmo serrato ed incalzante racconta in corsa il suo amore proibito con la protagonista ... da lasciare senza fiato! La seconda è una dichiarazione d'amore per una città che non è la propria e per le storie che vi germogliano. Attraverso lo scorrere delle note sul piano di David Sancious, si riflettono spontaneità e calore in grado di ritrarre uno spettacolo seducente ancor di più esaltato dallo spontaneo amalgama che viene a generarsi tra gli strumenti.

Un lavoro dal sincero impatto emozionale anche se equilibratamente personale, che lascia spazio alla versatilità e al valore dei brani attraverso i quali Springsteen prova a fuoriuscire dai comodi cliché, conferendo all'intero album un affabile spessore artistico evitandogli di rimanere prigioniero delle obbligate classificazioni di genere che si fanno in ogni epoca.

Anche questo disco che è stato registrato ai 914 Sound Studios di Blauvelt (NY) alla presenza dei soliti Mike Appel e Jim Cretecos, si rivela riflessivo quanto basta ma ancora privo di quell'esplosività, bilanciata comunque da un'impareggiabile feeling, proprio di chi riesce a tradurre in musica i sentimenti comuni di chi nella vita abbia come principale obiettivo quello di guardare avanti e dimostrarsi sempre protagonista e mai comparsa.

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