La musica moderna cosa potrà mai aggiungere a tutto quello che già è stato scritto ?

Il rock esiste ancora, quei famosi tre accordi per chitarra, basso e batteria ?

La musica d’Autore ha ancora autori, o è tutto “pop” di plastica per vendere qualche singolo ?

La risposta a queste domande è, forse, nell’ultimo Western Stars del figlio del New Jersey, un settantenne che aveva iniziato la carriera proprio con il sogno di far convivere nelle sue canzoni, il rock dei maestri con la musica d’Autore, Elvis Presley con Bob Dylan.

A questo disco, nelle decine di recensioni scritte, è stato attribuito l’aggettivo suggestivo di “sinfonico”, definendolo un capitolo “nuovo” della discografia di Springsteen .

Tutto bene, finchè non si ricorda che il secondo lavoro di Springsteen , The wild the Innocent & the E Street Shuffle del 1973 si chiudeva con un’opera di musica classico-sinfonica dal titolo New York City Serenade; la stessa “sinfonia” si affacciava persino nel debutto discografico , Geetings from Asbury Park NJ, dentro un’altra gemma dal titolo Lost in the flood. Quando Springsteen eseguiva questi pezzi ad inizio carriera, il suo pubblico spesso lo fischiava: per esempio capitava che suonasse New York City Serenade a fine serata, come ultimo pezzo e la gente si infuriava, perché voleva un finale di festa con il “botto”.

Eppure Bruce per mesi piazzava a fine spettacolo la “sua” New York City Serenade, seduto solo al piano senza band, perché questo, così diceva, lo faceva sentire bene dando allo spettacolo un senso di completezza.

Il disco contiene tre pezzi completamente acustici, Hitch Hikin, Somewhere north of Nashville e Moonlight Motel, che sembrano provenire dalle sessioni di Nebraska, conservandone l’essenzialità del suono ed un profondo senso di “solitudine” del protagonista ,Bruce stesso, che rasenta l’annichilimento, tra passaggi dati da perfetti sconosciuti, notti solitarie con un elenco di cose fatte male da qualche parte a nord di Nashville e l’ubriacatura di Jack in macchina, da solo, nel parcheggio del Moonlight Motel .

A parere dello scrivente questi sono tra i pezzi più belli scritti da Springsteen, allo stesso livello di potenza emotiva dei capolavori di Nebraska.

Altra componente di questo Western Stars è quella “rock”.

Immagino la contrarietà di molti lettori: come può esserci rock in un disco di Springsteen senza E Street band?

Ebbene sì ! Tucson Train è un pezzo rock nella tensione del racconto, basato sull’attesa spasmodica delle cinque ed un quarto, ora di arrivo del treno da Tucson con a bordo la figlia ( o la moglie) del protagonista, reduce dall’impresa di aver trovato un lavoro nuovo mettendosi alle spalle un periodo buio dopo essere rimasto disoccupato.

C’è fervore rock anche in un pezzo come The wayfarer , un pezzo profondamente blues nell’impianto , che cresce pian piano, fino a diventare un rock che per certi versi riprende le atmosfere musicali della vecchia Fire: anche qui il protagonista è un uomo acceso di voglia, che parla alla sua “piccola” dicendole che mentre tutti dormono, lui è in giro alla ricerca, forse, di un nuovo amore.

Intensamente rock è anche Sleepy Joe’s Cafè, quasi rockabilly , con tanto di “coriandoli” Hammond che sembrano un omaggio al vecchio e mai dimenticato tastierista della E Street Band, Danny Federici; il testo è un’esplosione di gioia, parla di gente che dimentica problemi e dolori grazie alla band che suona blues tutte le sere allo Sleepy Joe’s Cafè: il potere catartico della musica !

Rock, con retrogusto soul-new wawe, sono anche Sundown e There goes my miracle, incroci geniali tra Roy Orbison e David Bowie. I testi riprendono le tematiche del trittico acustico iniziale: l’uomo solo, ha perso la sua donna e sbanda pericolosamente, quasi sfiorando pensieri autolesionistici.

Tra folk e rock, c’è poi l’anima più puramente “sinfonica” del disco che contempla aperture melodiche sofisticate: parlo di capolavori come Western stars, che presenta un crescendo di archi e fiati perfettamente mescolati, Stones, con un violino solitario a metà brano che riporta il sottoscritto alle atmosfere dylaniane di Desire, Drive fast , con un pianoforte di stampo jazz (suonato dal primo pianista della E Street band, David Sancious) tra atmosfere quasi gospel, Chaisin wild horses dal sapore fortemente morriconiano.

In nessuna delle tre anime del disco, folk, rock e sinfonica, faccio rientrare Hello Sunshine, la preferita di chi scrive, pezzo, come succede spesso quando si commentano i capolavori assoluti, non classificabile in nessun “genere” musicale .

Un brano che fa della semplicità la sua grandezza: si regge tutto su un suono di spazzole che simula la corsa di un vecchio treno sulle rotaie.

“Ciao raggio di sole, perché non rimani ? “

E’ il mio pensiero a fine ascolto e la speranza che in futuro, questo artista, regali ancora “raggi di sole” come questo disco fuori dalle regole del music business di questi tristi tempi.

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