Traduttore: "vuole la garanzia... la sua vita è in pericolo... ha visto il diavolo... l'ha guardato negli occhi..."

Tenente: "aspetta un momento... chiedigli di dirti quel che ha detto a me: chi è il diavolo?"

Traduttore: "... Ki az ördög?"

Paziente: "... Keyser Söze...".

"I soliti sospetti", è un film di Bryan Singer datato 1995, doppiamente premiato agli Oscar del cinema del 1996 (migliore attore non protagonista Kevin Spacey, migliore sceneggiatura originale) , al BAFTA dello stesso anno, e vincitore indiscusso degli Independent Spirit Awards.

Consentitemi quindi, in modo del tutto personale, di definirlo senza ombra di dubbio il migliore lavoro dell'operato del regista statunitense.

Dunque, in un'epoca caratterizzata da filmettini di mastodontica produzione, eroi iperuranici ultra-palestrati, e schiavette (e forse pure schiaviste) della sessualità femminile resa autocoscienza indotta, questa pellicola, rimanda lo sguardo verso tempi oramai arcaici e defunti. Al concetto del film giallo, per esempio e prima di tutto inteso come partecipazione attiva dell'espressione dell'attore, volta a rendere indecifrabile la percettività di quello che la trama propone; al thriller, in cui lo scorrere del sangue è ciò che onestamente deve essere e rimanere: puro contorno estetico, non punto di arrivo; alla sceneggiatura, divincolata dal concetto contemporaneo "popolare" del meccanismo INIZIO- FINE PRIMO TEMPO (oramai revocato) - FINE, struttura fondamentale per l'avvicinamento dell'interesse dello spettatore. Ognuno di questi requisiti, corrisponde a una mancanza. Completa. Totale. Esplicita, Parossistica. Quasi comica, e facilmente risconrabile nel cinema di oggi.

Il cast prima di tutto: Kevin Spacey, Bencio Del Toro, Gabriel Byrne, Chazz Palminteri e Pete Postlethwaite su tutti. Attori capaci, sguinzagliati, ben diretti, svincolati da quello che è il concetto attuale di fare cinema: vendere un prodotto estetico-corporeo identificativo. Per contro, la storia proposta in questo film: una realtà non troppo lontana da quella che ci riguarda da vicino, popolata da furti, corruzione, malvagità e deviante furbizia, il tutto ben romanzato ed affidato alla narrante voce di Verbal Kint, oratore portante della vicende che vengono a susseguirsi entro contorni e legami fra situazioni e persone poco definibili tra loro. Ma ancora più di questo, il concetto di occultamento, interpretato magistralmente dalla sceneggiatura, e qui proposto come fondamento della nostra beneamatisima società-contenitore: fatta di pesci più piccoli e di pesci più grossi; sino a giungere al distaccamento finale, scorporato dalla massa controllabile, e controllante la massa stessa: il crimine, quello vero, visto nella sua chiave più nuda, crudele e spregiudicata.

Se di realismo si può parlare in questo film, allora, lo si deve fare riferendosi alla verosimiglianza dei fatti qui presentati, con la vita attuale. Già, perché ad essere credibili, sono le storie e gli avvicendamenti relativi ai personaggi, tali da aver reso questo capolavoro un vero e proprio totem-tema di culto. Lungometraggi come questo, assieme a pochi altri, riescono in effetti a garantire l'accensione di quello stimolo (oramai dormiente e) presente in ognuno di noi, ossia quella inspiegabile e pruriginosa curiosità verso il manifestarsi della casualità, o presunta tale, dei fatti, che ci appaiono non più come il frutto di fortuiti ed individuali operati, ma bensì come il meccanismo primo e complementare di un disegno più grande, spaventoso e schiacciante, che tutto controlla, tutto muove, o tutto rimuove, a proprio arbitrario piacimento.

Credo infatti, che nella pellicola quì recensita si nasconda uno tra i più grandi tentativi espressivi e descrittivi mai effettuati, riguardanti la strumentalizzazione dell'uomo "reso oggetto" (o come usualmente pronunciato, "pedina") al fine dell'ottenimento di scopi poco comprensibili per chi è costretto a tenere il capo alzato al cielo e a guardare dunque dal basso verso l'alto.

Guardare cosa?

Il male.

In definitiva: più che un film:

Poliziotto: "numero 5 vieni avanti!"

Verbal Kint: "dammi quelle chiavi, stronzosucchiacazzi..."


VERSIONE PER ILLUMINATI DEL CINEMA  ALTERNATIVO-DEBASERIANO

Ci stà un tipo no? uno che sembra dartagnan senza baffi, e che è pure il protagonista, cazzo. Questo quì faceva lo sbirro, no? Però esplode una bagnarola al porto e allora altri sbirri lo costringono a presentarsi al commissariato di polizia assieme ad altri avanzi di galera, di cui uno è quello che ha fatto il pazzo di Seven no? Che poi è quello che ha fatto quell'altro film in cui si voleva scopare l'amichetta della figlia no? E poi muore ammazzato da un finocchio paranazista, nell'altro film intendo! Poi questi si mettono daccordo, e cercano di fare un furto tutti assieme- no? Però succede qualcosa no? Perchè hanno pestato i piedi a qualcuno di più grosso, no? E allora sono cazzi amari!!

Ma la fine non ve la racconto perchè ho speso 12 euri per comperarmi il dvd all' Esselunga, e quindi se volete vedere come finisce, andate a comprarvelo!

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