Ogni tanto ci vuole, in mezzo a questo pullulare di rockettini radiofonici da 3 minuti, un bel pezzo chitarroso alla maniera di una volta, una cavalcata che ti porti con te per non meno di 5 minuti, ti si ficchi in testa e via elettrica lungo le tue articolazioni che cominciano a muoversi nervose, gli occhi chiusi ad inseguire le immagini che escono dal buio mentre la testa ciondola.

Se per voi un brano musicale è qualcosa di più che un tintinnare di suoni piacevoli, insomma una esperienza intensa, allora questo disco deve far parte della vostra collezione di emozioni. Sto sviolinando troppo? Ci vogliono fatti a dare fondamento a quanto sto dicendo! Ed allora mettete a palla il volume del vostro stereo, perché sta per partire più di un'ora di suono fatto di chitarre rock che si intrecciano e si rincorrono, basso e batteria che chiamano la carica, cantato e suono che più indie americano non si può...

Ogni pezzo è una piccola avventura in cui la velocità aumenta e diminuisce; il suono si apre, si gonfia e poi esplode, un po' come fosse un cavallo che si cerca di domare o un mare al momento del cambio delle maree. Il tutto sorretto da un enorme e continuo lavoro di chitarre, che dominano, finalmente suonate come si deve, che divengono di volta in volta un tappeto su cui imbastire melodie che vengono squarciate e decomposte, strappate via dal vento delle emozioni. L'iniziale "Goin' Against Your Mind" dà la cifra di tutto il lavoro: quasi 9 minuti in cui il cantato comincia solo dopo una lunga introduzione che permette all'ostinato tappeto ritmico di creare quell'ambiente confortevole che di lì a non molto verrà completamente scombussolato e che esploderà letteralmente all'altezza del minuto 6, dove le chitarre urleranno e voi sarete già lontani, dove nessuno potrà più prendervi nonostante non vi siate assolutamente mossi da dove siete.

"Liar" comincia con un arpeggio lisergico nel quale entra poi il basso ben in evidenza a reggere il pezzo, con i ricchi arpeggi di chitarra a creare una trama sempre piena: quella batteria sempre "up" invita le vostre mani a battere a tempo. "Muscolare" è l'unico aggettivo che mi viene per definire la ballata rock "Wherever You Go" omaggio al rock sudista seventies che poi si inerpica lungo percorsi acidissimi. Poco più in là ecco la radiosa "Conventional Wisdom" con l'assolo che traccia le coordinate del pezzo che si ferma su un tempo sostenuto, corre, fa una carezza e scappa via, come un bambino scontroso.
"Gone" è un mid-tempo in cui l'organo contribuisce a dare quell'enfasi che poi sfocerà in sferzate post-rock, che improvvisamente si impenna liricamente. "Mess with me" è uno stoner rock orientaleggiante che non lascia scampo, con uno scampanellio di sottofondo che prepara con un lavorio certosino un bridge in 4/4 che mischia suggestioni sixties con acid-folk elettrico, totalmente e assolutamente imprevedibile dall'andamento del pezzo.

Indubbiamente è un disco che non può concedersi un ascolto distratto a causa della lunghezza e costruzione dei pezzi: non potrete spezzare a metà l'ascolto, anche perché sarete sicuramente presi e vorrete proseguire nel viaggio. Se vogliamo molto "classico" nelle sonorità, ma con una scrittura e degli arrangiamenti diverse spanne sopra gli standard attuali.

Particolare importantissimo: in questo disco, a parte la parte iniziale di "Conventional Wisdom", non ci sono melodie catchy.

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