Queste saranno parole sminuzzate, slacciate da “come” e “quando”, non salvate e forse non pensate. Parole prive di facili adulazioni e fascini, sottratte a congiunzioni e concetti. Parole non ossessionate o allenate a complimenti, indifferenti a cornici ed altari. Saranno veloci e brevi, gracili e slavate… si potrebbero definire quindi “vere” se la mia convinzione mi portasse a credere di non avere usato la ragione delle mani.

Non ho mai ascoltato un album di genere ambient, non so neanche cosa sia la musica “ambientale” e oggi m’importa poco saperlo sono sincero, se non fosse che la mia giovinezza è stata sottratta inconsciamente da questo genere musicale ed io sono in debito con lui.
Facendo rapidi calcoli vengo a scoprire che più di metà della mia vita è stata suonata da un album di musica ambientale.

È pure vero che la Germania ci abitua da sempre ad ogni forma di sconfinamento.

Non voglio e non posso parlare quindi della sua bellezza, non ne ho le competenze, mi crogiolo beatamente nei miei ricordi pomeridiani passati in camera ad inventare in ogni istante una nuova vita.

Il soliloquio è condiviso per ogni ragazzo degli anni duemila, ci raccontiamo di mondi e ambienti diversi, di pianure e deserti diversi, di ore e giorni diversi, la nostalgia però è essenza fondante e l’empatia condizione primordiale di tutte le testimonianze.
Sono discorsi che chi ha una certa età non può capire, così come non può capire certe esagerazioni, come se ad esempio dicessi che siamo di fronte ad uno degli album più importanti del XXI secolo se consideriamo ciò a cui appartiene.

Queste sono parole fraintendibili e sconsiderate. Indifferenti a cornici ed altari non vissuti sulla propria pelle e sulla propria memoria.

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