Autocelebrare la propria poliedricità interpretativa è un'operazione che può dare fastidio a chi non lo ama. Invece Verdone infarcisce questa commedia di sé, ma non risulta mai eccessivo o strabordante, sebbene ripeta "figure" già conosciute.
Omaggia e riprende se stesso quando interpreta i personaggi di iperprolisso, timidone sfigato e coattone (come in "Bianco, rosso e Verdone" del 1981 o "Un sacco bello" del 1980) e ripete la struttura filmica a 3 episodi che ruotano intorno a tre diversi personaggi. Verdone, abile cabarettista, fa girare bene un po' tutto. La parte del logorroico, è appurato, gli riesce benissimo. Quella del coatto pure. ("Gallo Cedrone" del 1998 o gli stessi film citati poche righe sopra). Quella del timidone impacciato, oltre che la più vista, è una figura probabilmente molto vicina alla personalità dell'attore più di quanto lo siano i suoi stessi personaggi. Sostanzialmente riprende se stesso ed interpreta dunque tutte quelle sfaccettature grottesche ed ironiche di personaggi semplici e complessi, complessati e nevrotici, pavidi e dubbiosi. Il pubblico apprezza le sue ormai classiche forme di trasformismo, perchè finiscono quasi sempre per essere collocate in commedie piacevoli e scorrevoli, condite peraltro da un pizzico di riflessione. Le macchiette che girano intorno al regista romano sono quasi sempre azzeccate e fortemente caratterizzate dalle sceneggiature. Insomma, Verdone sa scegliere bene.
La testimonianza, non ultima, è in "Viaggi di nozze", del 1995, dove la confortante prova di Claudia Gerini nei panni della cafona vuota e sboccatella convince sotto tutte le angolazioni. Nell'episodio, credo il più riuscito, di Ivano e Jessica, Verdone mostra un quadro desolante, fatto di arricchiti e burini di varia taglia. La scena del ristorante dove i cellulari di tutti suonano continuamente dimostra che il buonsenso si trova in altri "lidi". Il viaggio dei due bizzarri neosposi è fatto di "strabordanze" e ricerca dell'eccesso e culmina in un vuoto assoluto fatto di sguardi nel nulla e frasi simbolo come "che famo?, do annamo?". Non passa inosservata nemmeno la frase "O famo strano?" cavallo di battaglia dei due appassionati e volgarotti neosposi. E ancora: fantastico il tentativo della stesura della cartolina per gli amici. Idee zero, al massimo un bel "A stronzi!" e rimane solo un gran mal di testa per il troppo pensare. Non resta che guadare il cielo ed al passaggio di una stella cadente non viene nessun desiderio da esprimere. Desolante ed efficace rappresentazione di una fetta generazionale senza valori che non sa più cosa cercare.
Fantastica la prova di Veronica Pivetti nei panni di Fosca, neosposa di Raniero Cotti Borroni, medico opprimente ed ossessionante che soffoca l'esistenza, pare, di tutte le persone che gli stanno vicino senza minimamente accorgersene. Il matrimonio che sembra sia sbocciato per gratitudine di lei nei confronti di lui, scivola in un viaggio di nozze che ripercorre (per filo e per segno) la precedente luna di miele di Raniero, che continua a fare confronti tra Fosca e la precedente moglie (suicida) Scilla. La storiella centra in modo fantozziano (quindi paradossale) il senso di soffocamento, l'eccessiva apprensione (potente formula per esasperare chiunque) oltre che l'immenso egocentrismo di certi uomini che non sanno guardare oltre il proprio naso. La fragile Fosca, che si sente intrappolata e destinata ad una vita di amarezze, compie un gesto estremo per liberarsi. Qua verdone si diverte e fa divertire.
Meno riuscita la prova degli eterni sfigati con Cinzia Mascoli che interpreta Valeriana. I due neosposi appunto, Giovannino e Valeriana, sono perseguitati dalle loro assurde famiglie che nemmeno il giorno del loro matrimonio riescono ad evitare problemi alla coppia, che non ha mai pace. Prima Giovannino deve occuparsi di collocare il vecchio padre rincoglionito presso qualcuno della famiglia, senza trovare una soluzione. Poi è la sorella di Valeriana che simula un suicidio per attirare un po' l'attenzione di tutti. Storiella noiosetta, che rispecchia i protagonisti un po' insignificanti.
Buona prova, colorata, efficace e divertente di un regista molto prolifico e dalle ottime capacità. Una personale interpretazione del matrimonio (Verdone ha divorziato) che nei primi riquadri lo celebra con un'esplosione di torta nuziale. Un attore-regista-sceneggiatore che sa raccontare storie di oggi e che rappresenta spesso e volentieri l'italiano medio, con i suoi limiti, le sue paure i suoi sogni e lo sa fare in chiave grottesca. Si spinge al limite, ma non lo supera. Sfiora il paradosso, ma non lo tocca. E ci propone da anni la sua tenera e bizzarra comicità, mai eccessiva da cui traspare quasi sempre un messaggio sociale o una riflessione sul modo di affrontare la vita, insegnandoci in fondo, che è una commedia.
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