Cosa possono avere in comune Chuck Johnson e Brian Eno? Facciamo niente, ma Brian Eno c'entra sempre.

Io ad esempio ieri ho compilato la lista della spesa e insieme al rotolone, la carta-forno, i biscotti senzaloliodipalma e due lattughe ho messo anche 100 gr. di cotto e 200 gr. di Brian Eno, perché Eno c'entra sempre.

Ora, dopo questa boutade che manco il più ispirato Bagaglino con Pippo Franco che tocca il culo alla bonona e tutti si rincorrono per finire la gag, potrei anche soffermarmi un attimo su Chuck Johnson.

Su di lui non si trova parecchio in Italia, roba che quelle pagine yeah yeah che sentono, ascoltano e cavalcano l'onda, non lo recensiscono e questo per me è un gran bel motivo di vanto.

Chuck Johnson è un chitarrista punto. Un chitarrista della vecchia scuola chitarristica americana che il Novecento ha benedetto, trovando in quelle native modulazioni un fascino ipnotico, psichedelico, bordonico, a tratti.

Come in Peter Walker o in Ry Cooder, dal quale Chuck Johnson sembra prendere ispirazione ma è un accenno e nulla più.

Chuck Johnson fa storia a sé e non è una storia parecchio conosciuta.

È una storia di un album strumentale che non prevede virtuosismi o vorticosi saliscendi.

In alcuni punti, sentirete una gran voglia di masticare tabacco e di andare alla ricerca del vostro Django, a tratti vi sentirete in un punto sperduto del North Dakota a guardare quei panorami dell'America un po' looser e a tratti vi sentirete nel jingle di uno spot rassicurante delle assicurazioni. Ma tra Anamet e Velvet Arc, ecco apparire Brian Eno.

Eno appare sulla chiusura (molto ambient) di Anamet e dopo la chitarrina delle assicurazioni di Velvet Arc che a un certo punto si miscela e sparisce, inghiottita da un bordone di organo e un violino etereo, sempre più sfumato.

Cosa da Evening Star, da Alvin Lucier. Cose importanti, insomma. Cose ben riuscite, come la chitarra che riemerge da questa ovatta e torna a fare la chitarra tradizionale e ti saluta così. E, in fondo, ti lascia un po' così, tra una pentatonica e un country malinconico e vecchio west, con la certezza che Brian Eno c'entra sempre, perché in alcune sue composizioni, io quella chitarra pioniera la ricordo eccome. Ecco, se il mio amato Brian la smettesse di ammorbare i maroni con le app generative e cominciasse a produrre cose così, con artisti come questo signor Chuck Johnson che ha sensibilità e bravura da vendere, hai visto mai, che non è mai troppo tardi, per strizzare l'occhio a un bel capolavoro.

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