Che palle quando la gente annoiata dice: qui non succede mai un cazzo! Le giornate sono tutte uguali e che barba e che noia e bla bla bla.
Ecco, questo film-documentario “Microcosmos: Il popolo dell’erba” diretto e filmato da Claude Nurisdany e Marie Perennou nel 1996 è qui a dimostrare il contrario: tutto è in perenne movimento e anche in mondi piccolissimi, quasi invisibili all’occhio umano, c’è vita, morte, azione, cose che succedono anche se noi non ce ne rendiamo conto! Ci avevate mai pensato?

Prendete il giardino di casa vostra, per esempio. Ora, fate finta di diventare piccini e piccini (tipo quelli del fim “Tesoro mi si sono ristretti i ragazzi” ve lo ricordate?) e provate a vedere cosa succede tra i fili d’erba, tra due zolle di terra, tra le radici della pianta, tra la merdina secca del cane e la cicca spenta, tra formiche e insetti insopportabili che normalmente sfracelliamo a decine sotto i nostri scarponcini griffati Nike.

Fico eh? Ci avreste mai creduto? In questo microcosmo appunto, sembra che le giornate non finiscano MAI tanto non succede una cippa, però per molti aspetti è davvero interessante e magico vedere in silenzio le gesta di queste strane creature che popolano le aiuole all’altezza dei nostri piedi!
Ci si sente un po’ vermi (o formiche a seconda) a partecipare per un ora abbondante alle strane leggi che regolano la vita di lombrichi volanti, zanzare tigri, mosche gorilla e coleotteri gnù mai visti prima e sembra davvero impossibile, pensare che questo film sia stato fatto con 2 anni di preparazione e ben 3 anni (dico TRE!) di sole riprese.

Solo quattro mesi a riprendere due lumache che si accoppiano (da qui la leggendaria fama), il ragno che vive nella bolle d’aria sott’acqua, cocinelle stakanoviste che rotolano palline di cacca su e giù per il terreno, tra mille difficoltà, strani lombrichi in tuta mimetica strafogarsi di cibo: insomma, uno sfinimento senza eguali per la troupe e tutta la macchina organizzativa! Un tripudio di tecnica & pazienza davvero encomiabili per questi due registi sado-masochisti che si sono inventati congegni e apparecchiature al limite della tecnologia conosciuta pur di arrivare a girare queste scene memorabili (suppongo spesso “buona la prima” …specie con le lumache in calore! - che poi, stranamente, sono le scene che mi ricordo in maniera più nitida!).

Un filmetto, alla fine, praticamente muto (simile per molti aspetti all'altro film "Koyananisqatsi" di Godfrey Reggio fatto con le musiche di Philip Glass) dove a recitare qui sono gli insetti a tratti comici e a tratti drammatici, e dove una cazzata come due gocce d’acqua per noi (umani) si può trasformare in uno tsunami di dimensioni catastrofiche per questi personaggi lillipuziani. Certo lungo è lungo e sicuramente poco adatto al cinema (ricordo alla proiezione delle ronfate micidiali tra le fila davanti che coprivano il rumore delle cicale del film!) ma l’esperimento ebbe un grosso successo di pubblico specie in patria e un discreto successo anche da noi (vinse addirittura il Grand Prix Technique per gli effetti speciali al Festival di Cannes del 1996!).

Certo che… l’idea di esordire con un film dove NON paghi le coreografie, NON paghi gli attori, NON paghi gli speaker e paghi SOLO la Colonna Sonora (splendida tra l’altro, di Bruno Coulais) e la direzione della fotografia, non è affatto una brutta idea (ma non spargiamo troppo la voce che per come sta messo il cinema in Italia, si scatenerebbero delle rivendicazioni sindacali senza precedenti!)

‘Sti francesi, se non ci fossero bisognerebbe inventarli (o strozzarli, a seconda)!

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