1990, Chicago. In un periodo in cui il grunge e i ritmi veloci sembrano farla da padrone ecco che arriva ciò che non ti aspetti, ovvero Frigid Stars, esordio spiazzante dei Codeine, pubblicato per l'etichetta Sub Pop, magnifico elogio della lentezza che pone le basi per la nascita di un nuovo genere, lo slo-core, che si rivelerà uno dei più influenti per la nascente scena rock dell'ultima decade del secondo millennio. Frigid Stars è un album perfetto ed innovativo, dove in ognuna delle sue dieci canzoni si respira un senso di malinconia e disperazione portato quasi all'eccesso , che si imprime alla perfezione nella voce colma di tristezza di Stephen Immerwhar, accompagnato dal batterista Chris Brokaw e dalle dissonanze chitarristiche di John Engle.

Si parte con la magnifica "D", e già si capisce di trovarsi d fronte a qualcosa di profondamente diverso, impressione che trova conferma nelle sonorità funeree di "Gravel Bed" e "Old Things", nell'impetuosità di "Pickup Song", negli ostici rumorismi di "Second Chance" e "Cigarette Machine" e nella conclusiva ed intensa "Pea", gioiello finale di un disco straordinario e privo di sbavature, pronto ad entrare nella storia della musica rock e non solo. I Codeine propongono, con il loro primo lavoro, uno stravolgimento nel modo di fare musica , e forse gruppi come i successivi Low, senza di loro, non sarebbero mai esistiti.

A Frigid Stars seguiranno, nel '93, un EP, Barely Legal, e un secondo album uscito nel 1994 sempre per la Sub Pop, l'ottimo White Birch. Poi il nulla, senza nemmeno un annuncio di uno scioglimento ufficiale. La breve ed intensa storia dei Codeine finisce qui: senza eccessivo rumore, questi tre signori di Chicago si avviavano a segnare la musica dei successivi dieci anni e, anche se oggi sono sconosciuti a molti, dischi come Frigid Stars rivelano ancora tutto il loro splendore, come impronte indelebili impossibili da rimuovere o dimenticare.

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