L'emiliano Gianni Pedretti è sicuramente uno dei cantautori più atipici e sottovalutati del panorama musicale italiano degli ultimi quindici anni. Lo dico conoscendo piuttosto bene la sua discografia, che consta di alcuni album non ufficiali pubblicati in modo trasversale e di due cd ufficiali. Una discografia che ha messo in luce il background di un artista tutt'altro che snob nonostante un approccio apparentemente misantropo ed elitario, fatto di chiaroscuri, presenze-assenze e uno stile sofisticato che galleggia tra decadentismo, Gozzano, apocalyptic-folk e incursioni elettroniche minimaliste.

Colloquio - questo il nome del progetto/alterego di Pedretti - nel 1995 ha dato sicuramente il meglio di sè con l'album "Io e l'altro", sulla cui copertina compare il medesimo autore con il votlo privo di ogni attributo. Solo un viso biancastro vuoto, nell'oscurità, inquietante ed interrogativo. Perfetta icona di un percorso di ricerca interiore e di ricerca creativa che affonda in un magma onirico pieno di dubbi e domande a cui è difficile dare risposta (se non scavando nel subconscio). Intersecando sonorità acustiche e elettroniche, Colloquio trasforma l'idea della forma-canzone in una specie di pretesto per recitare le sue liriche, sfruttando il concetto "brianeniano" che la ripetizione è una forma di cambiamento. E avvicinandosi così ora alle atmosfere dei Death in June, ora a una rivisitazione di Paolo Conte in chiave dark, stravolgendo l'emozione poetica con filtraggi della voce che sembrano messaggi alieni.

Quella dell'elaborazione vocale, tra l'altro, è una peculiarità di Colloquio, che ha spesso cantato con il suo timbro caldo da crooner metafisico manipolando i toni bassi, rallentando registrazioni a doppia velocità, ottenendo effetti affascinanti che sfuggono a qualsiasi standard. Basti ascoltare la title-track "Io e l'altro" o la mirabolante "Lui è dentro", contrappuntata da un ritmo catatonico che potrebbe segnare l'evoluzione di un Faust'O dopo l'anno 2000. Brani davvero suggestivi con una tessitura lirica fuori dal comune, ispirata vagamente a film come "Riflessi sulla pelle" di P. Ridley, che narrano situazioni e personaggi surreali e leggono le sfumature personali in modo disilluso.

Momenti intensi anche "L'attesa" e "Volo anch'io", che raccolgono l'eredità di album precedenti raffinandone l'esecuzione strumentale e lasciando aprire orizzonti davvero inattesi per un'epoca in cui la musica italiana stava cominciando ad involversi. Gianni Pedretti, sufficientemente coraggioso e geniale per curare in autonomia i suoi progetti, tredici anni fa seguiva la sua strada e diventava uno schivo cantore di solitudine e visioni, senza mai lasciarsi incantare da tentativi più facili e solari.

Introvabile, probabilmente, l'edizione originale uscita su nastro; ben confezionata e con qualità audio notevole, ma purtroppo divulgata in forma molto sotterranea.

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