Consigliatomi da un vispo aguzzino a seguito di una discussione dai toni sufficientemente caldi, ecco "First Utterance", prima ed abbondante scarica di cartucce di questa straordinaria band inglese chiamata Comus. Quest'opera, prevalentemente costruita su geniali ma volutamente disordinate, metriche medioevali, rappresenta la possibilità di stordire qualunque partitura che un normale pentagramma possa contenere.

Sono costretto a parafrasare alcuni dei commenti che mi hanno preceduto, dove posso confermare la presenza di suoni dal timbro piuttosto sinistro, determinato da urla selvagge, percussioni incessanti su cuoio grasso ed arrembaggi estemporanei di compressioni polmonari degne degli embrionali acuti di Cro-Magnon.

Le cascate di brillanti e pulitissimi arpeggi presenti in "The herald", si scontrano, frantumandosi inevitabilmente al contatto con delle sapienti ma contrastanti nerbate violinistiche, dove il suono a volte oscuro e altre armonioso di un flauto, riesce a rendere stazionarie le orchestrazioni incanalatesi. Degna di nota è la sanguinaria "Drip drip", ben impostata su un latente esercizio vocale interpretato sia da voci maschili che femminili, che nonostante tutto riescono a creare una intersezione, malgrado le favorite qualità gutturali delle prime con le apparentemente celestiali delle seconde.

Gli archi risultano senza dubbio di grande impatto emotivo, a cominciare dal brano di apertura che presenta su un rudimentale palcoscenico le sferzate di un pesante e muschioso contrabbasso. Sostanzialmente, la struttura dell'opera è caratterizzata da potenti vortici musicali che richiamano suoni di antichissima memoria ben miscelati con le potenzialità previste dagli apparecchi dei primi anni 70. Tali congegni lasciano poche tracce se non quasi nulle e probabilmente qui si trova la bellezza dell'album, la cui caratteristica prevalente è la minuziosa mistura di suoni creati ad arte dai soli componenti del gruppo. Sonorità che scorrono, senza mai distruggere gli argini, in un solo canale dagli stessi progettato. Non vi sono incursioni provenienti da diverse latitudini, tutto spunta improvvisamente dal terreno fertilissimo dei Comus, dove anche l'unico riecheggio esistente riesce a sorprendere l'audio di chi lo porge nel momento in cui sembra essersene liberato.

Monumentale opera di un gruppo che poteva risparmiare qualche cartuccia da sparare in maniera pirotecnica con altre pubblicazioni che non sono mai avvenute se non per "To keep from crying" che li getterà in un indegno oblio già dal termine delle registrazioni di quest'ultimo. Peccato.

Carico i commenti... con calma