Esce nel 1970 il quinto album dei Creedence Clearwater Revival, la band di maggior successo di fine anni ’60 in America, ed è subito “pietra miliare”.
Negli 11 brani del disco, John Fogerty e soci raggiungono l’apice della loro carriera, se non per la bellezza di tutte le canzoni, per la maestria con la quale reinterpretano, aggiornano, migliorano l’eredità dei padri del rock’ n roll.
“Cosmo’s factory” (dal soprannome del batterista, Doug “Cosmo” Clifford) è una vera fabbrica di successi: dalle rivisitazioni, non semplici cover, di “Before you accuse me”, di Bo Diddley e “Ooby Dooby” di Roy Orbison, in cui mostrano la loro ammirazione per il rock degli albori, agli inediti, opera del chitarrista-cantante-factotum John Fogerty, “Who’ ll stop the rain”, “Run through the jungle”, “Long as i can see the light”, tutte canzoni che raccontano storie della guerra del Vietnam.
Due canzoni, comunque, svettano sulle altre, testimoni della vena di una band che ha fatto del rock’ n roll il solo manifesto della propria carriera, in un periodo in cui tutto veniva politicizzato: “Travelin’ band” è una veloce scorribanda piena di ritmo, mentre la torrenziale cover di “I heard it through the grapevine”, già portata al successo da Marvin Gaye, merita un posto a sé nella storia del rock: 11 minuti di eccezionale virtuosismo musicale, in cui il riff del bassista Stu Cook gareggia in bravura con la batteria di Cosmo, mentre John Fogerty graffia in sottofondo con la sua inconfondibile voce, 11 minuti che da soli fanno meritare ai Creedence il loro posto tra gli eterni del rock.
42 minuti fondamentali nella storia del rock, un disco imprescindibile per un gruppo che non amava etichette, atteggiamenti divistici, pose da rockstar, ma che badava solo alla sostanza della propria musica, un gruppo ritenuto fondamentale per il proprio sviluppo musicale da personaggi del calibro di Keith Richards, Bruce Springsteen, John Mellencamp.. giudicate un po’ voi..
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