Coglimi
Frutto fresco tuo sarò
Mangiami
Fino a che ti sazierò

Scalfite nel cuore di ogni appassionato musicofilo, le parole che aprono 'Sbucciami', disco cardine della discografia Malgiogliana. Principe del movimento omosessuale italiota, trasformato in icona gay attraverso una metamorfosi che lo ha visto come raggiante giovane riccioluto prima, saggio commentatore televisivo dal biondo ciuffo poi, Cristiano Malgioglio resta uno dei personaggi che ancora oggi suscita maggior curiosità. Si, proprio curiosità. Perchè quanti sanno che il sommo ha scritto anche delle canzoni? Non solo per lui, ma anche per altri? E' inimmaginabile il numero di canzoni scritte da questo illustre uomo (?) per altri cantanti, al punto da domandarsi come diamine abbia fatto a comporle proprio lui. Si, caro lettore, perchè le tue canzoni preferite potrebbero essere state scritte da lui, a sua insaputa.

Ma inquadriamo un po il contesto. 1979, Pierangelo Bertoli dava testate al mondo con 'A muso duro', Dalla col suo omonimo era all'apice del successo, De Andrè collabora con la PFM, Faust'O, per la gioia di Iside, incide na roba con lo zucchero. Nel frattempo, nei peggiori angoli d'Italia, un giovanotto coi capelli di Maradona ed una forte carica erotica dentro stava sviluppando quella che sarebbe stata una 'bomba ad orologeria', tra il trash e la sexy music. Calze di pizzo, perizoma leopardato e reggiseno. Non si tratta dell' abbigliamento di una escort, ma degli elementi chiave che ti vengono in mente all'ascolto del suddetto album, pregno di erotismo al punto di farti toccare le parti intime. Essì, perchè a ritmo della titletrack è difficile tenere lontane le mani dal proprio organo riproduttivo, maschile o femminile che sia. Parliamo chiaramente di 'Sbucciami', che dal titolo fa presagire già parecchie cose. Il susseguirsi dei verbi quasi Petrarchesco prevede i seguenti: Coglimi, Mangiami, Scioglimi, Cacciami, Usami, Bevimi, Portami, Giocami. E se queste non bastano a far crescere il fuoco dentro, ci pensa l'accattivante ritornello a dare quel tocco di imprevedibilità sessuale e di mistero osceno (Ti schiaccerò alle tue notti mi darò/ Ti straccerò ti sfascerò ti sfinirò), fino alla frase più volte ripetuta, al punto di tramutarsi in uno slogan dell'amore libero, come comanda la passione 'E se ti basta un ora, sbucciami... E la tua bocca addolcirò'.

Una canzone che è un pugno in faccia verso le gabbie della passione e il bigottismo generale, dove ciuffo biondo si districa magistralmente, assumendo il ruolo di profeta liberatore. Con un incipit simile alla pubblicità di Trony (non ci sono paragoni), un altro pezzo monumentale, 'Io, la pantera', nella quale Malgy si immedesima nell'animale che più rappresenta la sua voglia di trasgressività, quello grosso e nero, per non cadere nel becero doppiosenso. Attraverso quella che è definibile come una metafora poetica, l'immagine Malgioglio-pantera è certamente un punto 'chiave' dell'album. Proprio come una pantera, quella che narra il nostro è certamente un gioco erotico, fatto nel piu strano dei modi (pistole e frustini), ma inneggianti l'assolutà libertà (Ah, fossi io la pantera del cielo/ Lo tingerei, tutto rosa davvero). Piu volte udibile l'aggettivo 'nero', della quale non è forse solo il colore dell'animale. Un invito ad esporre le proprie voglie in un vortice di passione, proprio con quella persona con la quale vorresti tanto farlo, ma non ne trovi il coraggio, proprio con l'utilizzo di un concetto molto caro a Cristiano, ovvero il carpe diem Oraziano. Ed è proprio quello che il nostro vorrebbe, ma che duole dirlo, si rifiuta di utilizzare in un altra traccia, 'Ernesto', dolce ballata narrante un amore omosessuale difficile (Ernesto, quanta agonia per dirti 'ti amo', ed è questo che spaventa/ Ernesto, come è difficile volerti bene). Briciole di semplicità disseminate qua e la, assolutamente assimilabili al punto da essere ripetute all'infinito, come 'Ernesto, io per te mi rivesto', di una semplicità ed un efficacia mostruosa, al punto che varrebbe addirittura qualche discografia di qualche gruppozzo prog. Ma è 'M'arrapa l'idea', che entra nella mente dell'ascoltatore in modo indelebile, con quel refrain ammaliante e quell'erotismo tra le righe, che rappresenta tutto ciò che ci attizza al punto da renderci calienti, de fuego, smascherata da ogni vestito pregiudizioso e di una sincerità disarmante (M'arrapa l'idea di venire con te/ M'arrapa l'idea di far l'amore con te/ M'arrapa l'idea di giocare coi gay/ Regalandoti a lui, per lasciarti con lui). Un incedere rock 'n' roll porta il brano ad un esplosione finale degna dei migliori casinisti hardorcchisti dell'epoca, coniata dalla frase urlata dalla mai stanca ugola di Malgy 'Datemi spazio, ed io vi faccio uscire dagli occhi un razzo!'.

La pressione è a mille, il sangue ribolle nelle vene. Le mani sono incontrollabili, fanno tutto da sole. La carica erotica fa il resto, la mente ha un pensiero fisso. Il sudore cola dalla fronte, l'ascolto turba gravemente l'ascoltatore, provocandogli un piacere ai limiti dell'ogasmico, al di la del proprio orientamento sessuale, mai messo in discussione dal cantautore. Prendete la vostra ragazza, andate dalla vostra escort di fiducia, o si, fatevi un solitario. L'ascolto di questo disco funziona meglio del viagra.

Lascio a te la parola, caro pigro1997

Ed il corpo è come una discesa libera in cui tutto sembra essere posseduto da un demone, che ti ammalia e ti fustiga allo stesso tempo. Con un intro accattivante in stile danza del ventre, inizia la sensuale e charmante "Orientale", nella quale il cantautore siciliano narra un tormentato ma desiderato amore che lo attanaglia e lo avvolge totalmente (Orientale, questo amore/ Orientale mi chiama, orientale la lancia che strazia/ Orientale, come lo amo/ Se lo vedo lo abbraccio, se mi lascia mi ammazzo, mi ammazzo). Quello che appare è un Malgioglio completamente spoglio da qualsiasi riserva di pudicizia, intento a giocare assiduamente su quell'equilibrio sottile della metafora poetica (che è un refrain in tutto l'album, prima con l'immagine della "pantera" e ora con "orientale"), come manifestazione di un disagio verso una realtà fagocitante e matrigna che lo divora (E' un'idea andare via da qui/ Non c'è niente di stupendo no). Un grido solenne e mastodontico di liberazione da qualsiasi forma di prigionia, spezzando catene e abbattendo muri, attraverso un percorso introspettivo e personale caratteristico della poetica malgiogliana.

Ma il nostro prezzemolino non finisce di stupire. Quando l'ascoltatore pensa di aver assaporato tutte le scale emotive del disco, ecco che si imbatte nel capolavoro assoluto di tutta l'opera del paroliere siculo: "Mentre fuori piove". Un brano che ti coinvolge e ti strazia senza nessun filtro, ti arriva dritto al cuore con una forza espressiva che lascia l'ascoltatore sgomento e senza forza di reagire. Un effetto mesmerizzante quello ricercato da Malgioglio, e ottenuto, come solo i grandi artisti sanno e possono fare. E sono altrettanto evidenti le contaminazioni artistiche presenti in questo pezzo; un inizio sottotono, mesto, quasi trattenuto, sostenuto soltanto dalle note affusolate di un pianoforte (Siamo senza idee/ Per passare bene/ Questa lunga sera, mentre fuori piove), che rimanda automaticamente a quella sensibilità poetica tipica di Renato Zero, per poi sfociare nella fantasia e nella teatralità caratteristica di Leopoldo Mastelloni (Sento le tue spalle/ Calde come neve/ Metto un fiore in bocca, mentre fuori piove). E' un avanzare malinconico e dolce, liberatorio e oppressivo, catartico e costrittivo. Se da una parte c'è la voglia di atterrire quegli schemi di etica e moralità confezionati da una società bigotta e retrograda, diventando così simbolo di una trasgressione naturale quanto necessaria, dall'altra c'è il persistere di una gabbia che lo frena e lo confina nel suo intento. Quell'inquietudine e quell'insofferenza sentimentale, oltre che esistenziale, lo porta ad essere esempio moderno del tormento del saggio senecano.

"Sbucciami", quindi, se non l'avete ancora fatto, è un album da assaporare, divorare, consumare. Da tenere come cimelio di un'epoca passata e che, purtroppo, tarderà a tornare o, che ancora peggio, non tornerà più.

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