Insomma “è musica pop”. L’ha ben detto. “Non è musica di serie B”.

Insomma, in pompa magna, è uscito il secondo volume di “Duets”, “Duets Forever”, dove Idoli faziosi e idoli veri si incontrano. I big della canzone italiana, da Patty Pravo alla X (Factor) Generation, omaggiano la vocalist bolognese. Sedici collaborazioni fedeli alla linea. Lige agli originali, rispettose. Puntuali come Emmenthal svizzero.

La voce di Cristina non è proprio arrocchita, ma il peso degli anni si sente, pur non mancando la classe che l’ha contraddistinta. Latita la maliziosa acerbità degli esordi (vedi “Pi-no e dopo strizza l’occhio…”, vedi “Oh-oh-oh occhi di gatto”; insomma la cosa è evidente. Salta all’occhio!). Cresce però l’autoconsapevolezza: “Sono una donna con tutte le sue responsabilità. Sono una principessa, anche bella tosta, con l’animo legato all’infanzia”.

Musicalmente i suoi autori, Alessandra Valeri Manera (paroliera e counselor Mediaset) e Ninni Carucci (autore delle musiche fino al 1995), non sono usciti vivi dagli anni ‘80, ma vi hanno semplicemente lucrato sopra.

Un po’ ce l’ho con te, Cri Cri. Hai monopolizzato il settore sigle cartoni animati, laddove nei tardo ‘70 e primi ‘80 avevamo una pluralità di interpreti e gruppi d’eccezione: Georgia Lepore (Geo, ti amo ininterrottamente da Conan!), i Micronauti/Condors, i Cavalieri del Re, i Rocking Horse/Superobots/Megalosingers/Superband/Sarah & Co./I Drago, Actarus (Alberto Tadini), La Banda dei Bucanieri di Vince Tempera (con Alberto Tadini e Paola Orlandi), Roberto Fogu (Jeeg, robot d’acciaio), Katia Svizzero, Alessandra Maldifassi (Pat, la ragazza del baseball!), Irene Vioni (Lupin. Fisarmonica), nonché Nico Fidenco e Oliver Onions!

Certo, certo! Te ne sei fatte di sigle, eh? E di veramente belle, anche tu! L’immaginifica Bambino Pinocchio, la psichedelica Nanà Supergirl, l’incantevole L’incantevole Creamy e la magica Magica, magica Emi. Eziandio l’inquietudine romantica di Mila e Shiro, due cuori della pallavolo e i vagiti sexy di Occhi di Gatto. Ma, a causa della tua autrice soprattutto, sulla lunga distanza ci hai consegnato sigle a una dimensione. Il declino si è palesato approssimandosi ai ’90. Ok, Siamo fatti così - Esplorando il corpo umano. Ok, (Kiss Me) Licia Persona. Sì. Hai dato un volto umano a Licia. Poi ci hai raccontato la tua vita nella sit-com “Arriva Cristina”. Il tuo sogno di diventare medico, lo studio, il tirocinio giocando al dottore. Ok!

Tutto è bello nel mondo dei kinder e dei cereali. Bello per tuo padre, Fiocco. E tu sei energia. Come il cereale miracoloso di cui porti il nome.

C’è un appunto. Le canzoni, a risentirle oggi, sono pesantemente disseminate di simboli fallici. I puffi sono gli omini blu più dotati della virtù meno apparente e più indecente. Che poi in tutto il villaggio c’è solo una puffetta. Ti sarà venuto qualche sospetto? Son tutti figli di puffana? Denver “ha gli occhiali e il nasone all’insù”. Palese richiamo alla forma stilizzata dell’organo sessuale maschile. Alvin “maglione color peperone” casualmente anagramma le parole “pene, mona, glicerolo, pero“, nonché l’aulico decasillabo “porci a onor gemello pene”! Papà Gambalunga? Lasciamo stare questa sboccata allusività. Ma, dai! Doraemon “va su col suo copter di bambù”?! “Vola mio Mini Pony, quante avventure vivrai”. Mimesi dello stallone! Elogio alla promiscuità e della fallocrazia (tipiche peraltro del medio pensiero del Gruppo Mediaset). Ma a chi la dai... a bere? “Mentula moechatur”! Catullo, la Manera se l’è tatuato. Sul borsellino. Sì, sì. Ma dai! Accipicchia, perdinci Bacco, che diamine! Nei cartoni? No.

A parte queste cadute di stile, un patrimonio di canzonette c’è. Ma perché ritoccarle? Perché gettare le perle ai (propri) porci comodi? L’operazione restauro non è particolarmente riuscita. L’operazione nostalgia in parte.

Cristina e Alessandra hanno adunato intorno a sé (e per sé) una vera masnada hegelingica. Tutti pezzi grossi. Pezzoni come Pezzali. Non c’è (Pino) Silvestre, ok. Però tutti quelli che ci sono (o ci fanno) ci mettono bellamente la loro mascella. In un album zoomorfo per certi versi. Ecco chi, ecco come.

Cantare è uno sporco lavoro per Il Volo. Mai quanto lavarsi le mutande.

Nek il necrofilo fa il cascamorto con Cristina. Palesemente. Con la mano moribonda. Anzi, morta.

Seconda scena. Otello trova il fazzoletto di Desdemona. Terza scena. Cassio trova il fazzoletto di Cleenex. Quarta scena. Onan non trova il fazzoletto. Queste sono le figure de Lo Stato Sociale che si (r)aggirano per lo studio di registrazione.

Non si può cavar sangue dalle rape. Eppure son stati invitati anche i The Kolors.

Le Vibrazioni oscillano meccanicamente intorno a un punto d’equilibrio.

Sulla carta l’apoteosi è Federica Carta.

Elisa fa la raccolta (differenziata).

Alessandra Amoroso, detta Trottolino, ci voleva assolutamente essere. O non essere. Questo è il problema.

Non si può mettersi comodi su una turca. Su Elodie si è stesa la voce di Cri.

Dolcenera? Grande. Nonostante la gonorrea.

Malika Ayane spicca per la sua vocalità vellutata (di porro e patata). Roba da accademia! Patty Pravo è roba da antologia. Un’antologia come questa. Appunto.

Moro non ostenta stavolta la sua ugola usurata. In sala d’incisione, durante il primo e ultimo take, si limita a farsi tagliare le tonsille.

Il pingue e ingrigito Max Pezzali ci illumina dimesso, col suo insegnamento principe (la regola dell’amico in regola): chi trova un amico trova un testosterone.

La voce di Carmen Consoli tremola. Svapora mentre sembra dirti “carote bollite, oggi”. Poi sfrigola. Perché sembra dirti parole di burro.

Shade scende come una federa sul guanciale. Solo che siamo al banco enogastronomico. Sicché l’album si chiude bene. Come il culo del roast-beef.

Cristina, questo siamo? Non chiederci chi siamo. Cosa vogliamo. Sei così tenera! Fatal t’è ‘l grissino. Ok, non hai invitato i Residents, né David Thomas. Aspetta(vi) Tommaso? Il Macca temeva lo smacco di un raffronto ravvicinato. Quest’album, come del resto “Duets” del 2017, è bello perché ci sei tu, appesantita ma tu. L’album è tanta roba. Solo un po’ di robaccia. Comunque nasce da un’idea geniale: andare da Milano in Brianza. In auto.

E il tuo pubblico, pur eterogeneo, apprezza sempre unanime. Tu lo conosci: “Il mio pubblico è particolare. Ho i nonni che mi seguono da quando avevo tre anni, poi ci sono i piccolissimi che sono più curiosi. Poi ci sono i trentenni e i quarantenni che mi conoscono da sempre e mi hanno vista crescere. Quando mi metto qualche abito particolare, mi dicono di tutto di più. Mi diverto fino a un certo punto. Quando vanno oltre li sgrido. Ma alla fine è un gioco. E poi devo dire che un complimento a una donna fa sempre piacere”.

“Duets Forever” è, in definitive, un frangente di mutilazione, un posticcio “The Italian Metaphysical Circus”, una supposta “The Great Pop’n’Roll Swindle”. Ma un’ora di sigle di cartoni vale molto in questo mondo! Erta contro i pregiudizi, contro l’odio. Parzialmente contro l’idolatria del mercato. Verso l’ideale utopico di un mondo senza diseguaglianze, senza miseria, senza fame, senza stupidità. Possibile perché “I cristalli dell’amore sono sempre tre”.

Raggio di luna che accendi la notte

Poi dove vai?

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