Pale di elicotteri, voci femminili, le sirene della polizia, fruscio di polvere.... è iniziato l'inferno.

Un inferno dal quale solo i bambini possono fuggire, ritrovando il loro lato più selvaggio, l'istinto primitivo di correre, di fuggire per sopravvivere. Una metropoli americana come New York, ma potrebbe essere una qualunque trappola di cemento in cui è difficile rimanere vivi.

Fame, Sesso, Sporco, luci al neon sotto le quali aspettare l'appuntamento di una vita. Camminare infreddoliti per il Bronx, neri nel nero. Un campanello suona alla tua porta, inizia la discesa in visioni prive di logica, tra i cassonetti incendiati e anziani con la barba lunga e senza vestiti che implorano, gridano riti sciamanici perché qualcosa cambi. Eddie è al centro di tutto questo, un ombelico di merda. Straziato, ferito, trova l'unico rifugio e l'unica condanna nella droga.
Stupefacenti stupefatti davanti agli occhi per andarsene o solo per cercare di rimanere. Pettinature a coriandoli, completini freak arancio tramonto, macchie di sangue sulla giacchetta con gli strass, ma la coca può essere la soluzione. Piste di viaggi che iniziano quando la luna è alta nel cielo, tra i fumi, i vapori di Harlem che aspira se stessa, in mancanza di niente di meglio.

Curtis Mayfield tiene i suoi piccoli occhiali tondi lennoniani davanti alle pupille per non piangere, per non incazzarsi, lui del resto con un falsetto elegante e sinuoso come il velluto vuole solo raccontarti le piccole tragedie quotidiane di un popolo, un popolo-ghetto, un popolo-generazione. Ma anche la metropolitana di velluto mica ci andava per il sottile se ben ricordate. È tutto sarcasmo, darti una caramella per farti male, per farti alzare in piedi. In gioco qui c'è tutto, e bisogna imparare rapidamente il gioco, o sei finito, non esisti proprio.
Eddie vuole trovare l'amore, vorrebbe proteggere una donna, ma prima deve pensare a proteggere se stesso dai pesci più grossi. La batteria incalza, il charleston non ha tempo di guardarsi attorno, galoppa chiedendo aiuto al basso, chiedendo un percorso, la strada da inforcare. Per pochi attimi sembra fatta. il piano ti sorregge, non preoccuparti, il traffico nei quartieri alti rende bene, rende sempre meglio, e se non ti fai beccare puoi progettare una casa nuova, la cravatta nuova, la polizia... la polizia farebbe il suo corso, come tutti, senza far paura, senza contarti il respiro o i passi.

Ma ogni storia degna di essere raccontata ha il suo epilogo, e nel migliore dei casi non può finire bene. Per qualcun'altro forse sì, ma non per chi non riesce più a trovare un amico, un appiglio. Muori, dopo una scopata poche ore prima in un letto pieno di muffa, dopo esserti trascinato per una balera col glitter che ti abbaglia e i drink non fanno in tempo ad arrivarti fino allo stomaco. Curtis osserva, sposta le sue marionette come in un piccolo teatro, tra la compassione e la partecipazione emotiva. Si inventa un elegia di un uomo-personaggio che faceva lo spacciatore, che chiamavano SuperMosca. E quando sei un pusherman a New York non importa se sei un buono o un cattivo, devi farlo, per qualcuno che tanto non si ricorderà mai di te. O fingerà di non conoscerti. È il destino dei Superfly. Curtis Mayfield è il Giovanni Verga della blaixpotation.

Se Roots erano i suoi Malavoglia, Superfly è il suo Mastro Don Gesualdo.

Nota: non ho visto il film e non ne conosco la trama, se non da quanto ricavato dall'esclusivo ascolto della suddetta colonna sonora.
Nota 2: altamente consigliata la versione "Deluxe 25th Anniversary Edition" composta di ben due cd e ricca di ogni tipo di inediti, in gran parte molto validi

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