Nel 1998 l'epica parabola degli Edge Of Sanity si era ormai conclusa, lasciando dietro di sè capolavori indiscussi e inarrivabili del death metal come "Purgatory Afterglow" e "Crimson", ma un mostro sacro come Dan Swano non se ne poteva stare certamente con le mani in mano per troppo tempo, sarebbe stato un delitto imperdonabile, ed eccolo infatti sfornare dopo i primi due dischi con i Nightingale la sua prima e, ahimè, per ora, unica opera da solista.

Chi fa da sè per tre. Questo sicuramente è quello che ha pensato l'immaginifico ex leader degli EOS quando si è cimentato nella creazione di "Moontower": tutto, dalle chitarre,alle tastiere, alla batteria, alla voce, ai testi, è stato ideato ed eseguito da lui soltanto, già questo di per sè è indicativo della caratura della persona di cui stiamo parlando. Libero finalmente da ogni sorta di vincolo, Dan può finalmente far emergere quella sua vena puramente progressiva che con gli EOS non era riuscito a mostrare nella sua interezza. Nelle 8 tracce che compongono il disco si può apprezzare il suo amore per le sonorità prog-rock anni '70, il tutto accompagnato dal suo inconfondibile growl.

La traccia d'apertura, "Sun Of The Night", ci immerge immediatamente in un mondo visionario ed etereo con le sue tastiere contorte e psichedeliche e le chitarre incalzanti ma mai fuori luogo, le due successive, "Patchworks" e "Uncreation", non fanno "altro" che rincarare la dose con melodie complesse e quasi sfuggenti, ma che sarebbero in grado di emozionare anche una statua di granito. Si prosegue con "Add Reality", dove il buon Dan sfoggia tutto il suo repertorio vocale, passando da un growl furioso al punto giusto a un pulito che trasuda dolcezza, il che, detto per un ragazzone svedese di due metri per novanta chili, può suonare alquanto bizzarro, ma è proprio così. Siamo al giro di boa dell'opera, ma l'apice è ancora di là da venire. "Creating Illusions" e "The Big Sleep" si mantengono su buoni livelli anche se inferiori alle canzoni precedenti, tuttavia la ricercatezza e la varietà delle melodie fa dimenticare eventuali lacune. Ed eccoci quindi arrivati ad "Encounterparts", che ci fa rendere conto che fino ad ora Dan aveva solamente scherzato: un brano strumentale di sei minuti che in quanto ad insanità mentale meriterebbe un saggio scritto da Sigmund Freud, chiaramente un omaggio a tre canadesi che in quanto a pazzia non hanno di certo da imparare da nessuno... A mio avviso l'album avrebbe dovuto fermarsi qui, personalmente trovo l'ultimo pezzo, "In Empty Phrases", un tantino forzato, ma la considero in ogni caso una degna chiusura.

Un disco senza dubbio bello e originale, frutto di una mente eclettica e aperta a nuove sperimentazioni, ascoltando quello che ci può offrire uno come Dan Swano, sarei tentato di conservare lui nel liquido cremisi a beneficio delle future generazioni (se non capite di cosa parlo leggetevi il testo di "Crimson").

P.S. questa è la mia prima recensione, qualunque osservazione e critica è bene accetta, purchè sia costruttiva.

Carico i commenti... con calma