Misconosciuti, in Italia probabilmente inesistenti (considerando il numero di recensioni a loro dedicate).
Discretamente apprezzati all'interno della scena Post-Hardcore e ormai da anni tra le band di spicco della Rise Records (complici alcuni alcuni tour di supporto assieme a nomi ben più blasonati), ecco a voi i Dance Gavin Dance. Nome più appropriato non potrebbe esistere per il genere da loro proposto (proprio ora, mentre sto scrivendo questa recensione, sono all'ascolto di "Young Robot" e a stento riesco a mantenere il mio corpo immobile).
Per chi non lo sapesse, i Dance Gavin Dance propongono un'interessante miscela di generi musicali (dal jazz al pop, senza tralasciare accenni emo e screamo); noi, per farla breve, riassumeremo il tutto con il termine mathcore. Per chi non conoscesse il loro repertorio, rimando a due dei loro lavori migliori, "Downtown Battle Mountain e "Acceptance Speech".

E dunque, tra le tante perle di questo 2016 ormai giunto al termine, trova spazio anche "Mothership", ultima fatica della band di Sacramento. Uscito a poco più di un anno di distanza dal precedente (e a parer mio, mezzo successo) "Instant Gratification", questo lavoro decreta definitivamente ciò che è il gruppo, senza portare con sè particolari innovazioni. ma definendo i concetti musicali e artistici di loro appartenenza.
A maturazione avvenuta, i nostri continuano imperterriti ad allietarci con brani riusciti e ben calibrati, a metà tra la sperimentazione e l'attitudine hardcore, riproponendo a noi ascoltatori alcuni dei punti cardine del loro stile, tra cui le schizofreniche lead guitars (vero marchio di fabbrica del gruppo), i passaggi dal retrogusto ambient e quella volontà di ricercare sonorità di matrice sempre più tendente al pop da classifica (dove nel precedente full-lenght si erano lasciati prendere un po' troppo la mano), giovando così in termini di ascoltabilità. Lo stesso discorso vale per la questione vocals; squadra che vince non si cambia e i nostri, così facendo, non apportano notevoli differenze, alternando la voce cristallina di Tilian Pearson allo scream di Jon Mess (scelta questa, che potrebbe alla lunga procurare sonnolenza, specie se non si è particolarmente attratti dalle clean vocals, sempre più enfatizzate dai nostri).
Nel menù proposto non manca nulla, dagli esperimenti di "Young Robot" e "Here Comes The Winner", ai richiami del passato di "Frozen One", dalla furia di "Petting Zoo Justice" all'ottima "Deception". Finale epico con la conclusiva "Man of the Year".

Difficile trovare punti morti in questi quarantanove minuti di tracklist, ogni traccia gode di riconoscibilità propria ed è anche grazie a ciò che ritengo "Mothership" tra i più esaltanti momenti della loro carriera. Come accennato sopra, niente di particolarmente innovativo va ad intaccare la musica dei Dance Gavin Dance, quello che è ormai il loro stile viene soltanto ulteriormente consolidato.


Menzione particolare va fatta per l'ottimo guitar work ad opera di Will Swan, storico membro fondatore del gruppo (decisamente in forma in questo lavoro suonando
le parti di chitarra più complesse dell'intera discografia), e alla produzione dell'album, affidata a Kris Crummett (già noto per il suo lavoro assieme a Sleeping With Sirens e Alesana).

Che dire alla fine della fiera? Se amate le composizioni elaborate, gli arpeggi dal vago retrogusto jazz e le clean vocals l'ascolto di questo gruppo e di questo ultimo lavoro in particolare è d'obbligo. Per gli altri, non fatevi influenzare dal nome della loro etichetta d'appartenenza e date loro un ascolto; potrebbe giovare al vostro background musicale e dunque sono vivamente consigliati.

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