"Ecco, io vedevo Satana cadere come folgore dal cielo"
Nuovo testamento secondo Luca, cap. 10, versetti 17,18
Fu il fulmine che lacerò le cupe coltri del firmamento artico, fu il testamento dei Figli di Odino, fu il grido che sorse dalle fila dell'Ultima Carica degli Dei e che ancora riecheggia fra i tronchi millenari delle foreste di Norvegia.
Fenriz, Zephyrous, Nocturno Culto sono i nomi dei tre uomini che scelsero di portare avanti la tradizione scandinava contro un progresso falso e innaturale, contro l'avanzata della commercializzazione nelle sacre terre nordiche, contro un inesorabile processo di massificazione che sconvolge il mondo e lo lascia immemore delle proprie radici pagane.
Il seme piantato nel 1987 dai Mayhem con "Deathcrush" trova nella loro prima opera il suo più degno germoglio e insieme uno dei suoi più maestosi fiori. Nel 1991, con una potenza allora mai nemmeno sognata, i Darkthrone costruirono quel manifesto del True Norwegian Black Metal che è "A Blaze In The Northern Sky", superando ogni altra relase estrema dell'epoca.
Tutta la desolante forza del gelo nordico sembra condensarsi nelle 6 magnifiche tracce che hanno inaugurato uno dei periodi più prolifici che la storia del BM ricordi.
Il sound cupamente caotico, desolante, maligno non lascia alcuno spazio ad inserimenti melodici, come dimostrano ampiamente tutte le composizioni dell'opera, il cui valore tecnico è comunque molto più elevato di quanto si creda.
Apre l'album "Kathaarian Life Code", con un preludio altamente evocativo, che lascia il posto allo svolgersi vero e proprio della traccia solo dopo aver creato un'agghiacciante atmosfera di solennità. Un drumming velocissimo introduce il pezzo accompagnando un Zephyrous corrosivo, i cui sempre diversi riffs si susseguono in affascinanti spirali di violenza. I toni si fanno più lenti e scanditi, per poi riprendere vigore durante l'infuriare assassino della voce tagliente ed echeggiante di Nocturno Culto. La successiva "In The Shadow Of The Horn" incede (relativamente) lentamente, trasformandosi in un apocalittico trionfo di brutalità, su cui si innalza Fenriz, a sua volta eclissato nella parte finale da una breve ma intensa partitura tastieristica (!). "Paragon Belial" si fregia dei bellissimi, gelidi riffs e assoli di Zephyrous, su cui si inserisce il ruggito di Nocturno Culto.
E dopo queste tre gemme di furia scandinava, ecco la più devastante composizione dell'album, che ancora oggi viene ricordata tra i pezzi migliori di tutto il Metal estremo: "Where Cold Winds Blow". Rabbioso, Fenriz accompagna una voce distruttiva, che rispetta soltanto i crudeli arpeggi di una chitarra torturante e lamentosa. Esaltanti i numerosissimi cambi di tempo dettati dalle pelli.
La seguente "A Blaze In The Northern Sky", irrompe violentemente, guidata dal collerico scream di Nocturno Culto. Passaggi chitarristici ricchi di pathos e drumming irato si alternano in glaciali volute di furore. Non è da meno "The Pagan Winter" , che alla stregua delle altre parti dell'opera, riesce a creare una sensazione di gelo mai provata. Notevole, in tutto l'album la composizione dei testi incentrata sul tramonto del culto pagano ad opera dell'evangelizzazione cristiana. Versi di commovente bellezza esprimono il nostalgico dolore che permea l'intera opera, integrando così il grande fascino già da essa posseduto.
Torrenti di parole volte a celebrare la grandezza di "A Blaze In The Northern Sky" sono stati spesi, ma nulla potrà mai descrivere l'arcano alone che circonda questo primo lavoro dei Darkthrone.
"My weapons sighed, my tears they tasted,
summon my warriors to the land of desire,
to the domain of hate where cold winds blew
for lust for hell we rode with the North Wind"
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