Non è raro nella scena metal trovare gruppi che abbiano tutte le carte in regola per sfondare e nonostante ciò siano pressappoco sconosciuti malgrado numerosi anni di attività. Ecco quindi che vi presento i Darzamat, polacchi, autori di ben cinque album figli d'un black metal sinfonico arricchito da parti death e intermezzi dal sapore ambient. Sei i protagonisti di questo film dell'orrore in musica, di cui due sempre in primo piano, i due cantanti Flauros e Nera. Ma non pensate ai malinconici duetti stile Theatre Of Tragedy.

Qui abbiamo a che fare con malignità pura, le due voci sono quanto di più abbietto e febbricitante possa invadere i vermigli fiumi di sangue metallaro. Flauros si esprime infatti con uno scream sottile e strisciante ma al contempo velenoso, molto simile a quello del grande Flegias, più versatile è invece Nera dotata di una voce tutt'altro che angelica, capace di un cantato lamentevole e straziante, sensuale all'occorrenza, arabeggiante e misterioso, mi ha ricordato in alcuni frangenti una Cristina Scabbia (MOLTO) arrabbiata, in altri le urla meno estreme di Cadaveria.

L'album è un concept riguardante argomenti quali il vampirismo, magia, necromanzia, paganesimo, il tempo dei roghi e l'odio verso la chiesa, il tutto sempre circoscritto alla regione dei Carpazi. Dopo la consueta intro sinfonica si parte con il primo pezzo killer dell'album, "Vampiric Prose", che dopo un inizio tra i più feroci dominato da Flauros, lascia spazio a un chorus arioso e orecchiabile cavalcato dalla tenebrosa voce di Nera, dal testo sanguigno e a tratti libertino. Sopraggiunge il pezzo killer n° 2, "Hallucinations", un muro guitars/drums dal ritmo claustrofobico e contornato da break violinistici ci mozza il fiato, mentre atmosferiche parti di mera malvagità femminea ci invitano ad addentrarci nel cuore della foresta, ove gli alberi prendon vita, celia della mente. "The Burning Times" celebra tra sfuriate di ferocia black e il ritornello drammatico le crudeltà subite dalle vittime dell'inquisizione, argomento che ritroviamo sviluppato nell' intermezzo successivo "Letter From Hell", ove Nera recita tra urla strazianti una lettera, una sorta di testamento in cui racconta le atrocità e le falsità proferite ai processi. "Blackward" è un assalto di epicità nera raggelante contornata da assoli e sprazzi death-metal, molto avvincente.

"Recurring Yell" con le sue cadenzate sinfonie gotiche si rivela in tutto il suo nero splendore, quasi dimmuborghiana se non fosse per i tetri vocalizzi della female singer. "Labyrinth Of Anxiety" è un altro pezzo dal binomio chitarre/batteria a dir poco devastante, conclude Nera adornando il finale con un quasi-growl. Nota particolare per "Virus", placida e sofferta semiballata cantata da sola voce femminile introdotta da note di piano e poi squarciata da chitarre doom, poche note di sitar chiudono il pezzo. Inquietante davvero. Le due tracce dopo sono piacevoli ma rimandano a quanto già sentito, a diritto menziono invece "Tribute To...", sorta di outro di oltre 5 minuti, in cui la cantante recita l'epitaffio a coloro che innocenti la chiesa mandò al rogo, su uno sfondo di industrial-ambient.

Insomma il cd merita, vi consiglio di comprarlo perchè non sfigura di certo accanto ai maestri del genere, anzi da nuova linfa a quanto ormai da tempo sa di stantio. L'artwork è interessante e affascina sin dalla cover, la quale sembra la copertina di un libro antico. Chiudo con l'ultima frase declamata dalla nobile e oscura cantrice: "Meglio una fine nell'orrore che orrore senza fine."

E qui l'orrore è davvero senza fine...

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