Avevo perso di vista David Bazan da qualche anno, quando ancora usava lo pseudonimo Pedro The Lion.
Conclusa quella storia, Bazan si è rifatto vivo con questo disco, che rappresenta un nuovo inizio per tanti motivi - nuova casa discografica, il proprio nome come nuova ragione sociale, e forse il desiderio di lasciarsi alle spalle anni difficili segnati dalla lotta all'alcolismo.
Musicalmente si incomincia come meglio non si potrebbe: Hard To Be è un brano elegantemente arrangiato, grazie ad una introduzione per droni di tastiera e accordi di piano doppiati da un sintetizzatore. Ed è un peccato che nel resto del disco non ci siano brani che riescano ad esprimere questa pensosa leggerezza: si lasciano ricordare il folk schietto di Please baby Please, o il country rarefatto di Lost My Shape (una confessione sulla falsariga di un Will Oldham, verrebbe da dire). Le vivaci Bearing Witness e Bless this Mess -quest'ultima con tastiere e organi un po' sopra le righe - altro non comunicano che l'abilità di Bazan come compositore e polistrumentista (dalla batteria alle tastiere, passando per chitarra e basso).
Sono soprattutto i testi - mai cosi' autobiografici - a intrigare l'ascoltatore. Bazan è un eccellente paroliere, dotato di una lucidità e un tocco realista quasi carveriano - tanto da domandarsi cosa potrebbe produrre passando dalla musica alla letteratura.
E' un disco particolare questo "Curse Your Branches", che pur non possedendo la qualità di quei lavori che riescono a superare la prova degli anni, ha proprio in questo suo essere umano - con tutte le ambiguità e le cadute di tono del caso - la maggiore qualità. In questo contrasto fra musica e testi sta l'essenza della cifra artistica di Bazan: poco "song" e molto "writer", se mi è permesso il gioco di parole. Al tempo stesso, questo è il suo limite principale e il suo maggior pregio.
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