Ci sono dei film che, a pelle, lasciano qualcosa.

Non sempre puoi capire di che cosa si tratti esattamente, né da che cosa scaturisce esattamente, ma lo puoi percepire chiaramente. Velluto blu direi che rientra pienamente nella categoria. Con una trama intricata al punto giusto e bizzarra abbastanza da rimanere verosimile ma non banale, gli ingredienti per un buon film ci sono già in buona parte. O meglio, per un buon soggetto, e questo certamente non manca a questa pellicola. Per fare invece un buon film ci manca anche una buona sceneggiatura! C'è. Una colonna sonora pertinente. Cosa vogliamo di più di Blue Velvet ovunque, in un film con un titolo del genere? Una regia notevole? Difficile chiedere di meglio di quanto Lynch fa in quest'opera. Una dimensione concettuale e meta-cognitiva interessante? Vedremo.

Entrando più nel profondo, va subito lodata la regia. C'è qualcosa, assistendo al film di Lynch, che fin dalla prima inquadratura non da adito a dubbi sulla qualità registica dell'opera. Qualche lampo di genio qua e la, intervallando ad essi quadretti meravigliosamente ricchi di estetica e qualche tocco di classe anche nelle scene più convenzionali. Tutto questo e molto altro che Lynch è in grado di miscelare nella sua pasta registica fa sì che il film brilli in primo luogo da questo punto di vista. Si tratta anche solo di piccolezze, che però fanno la differenza in un'opera d'arte: il dialogo precedente finisce con la parola forbici? ZAC, facciamo iniziare la prossima scena con un nastro che viene tagliato con un paio di forbici. Il largo uso di dissolvenze si candida anche a sottolineare la particolarità di certe scelte registiche. Anche dal punto di vista della sceneggiatura il film non si fa mancare niente, con un giusto contrappunto tra immagini e parole, tra silenzi e rumori. L'intrigante plot è magnificentemente orchestrato e messo in scena da attori che sono senz'ombra di dubbio all'altezza di impersonare le maschere così ben caratterizzate create dal regista. Naturalmente, un grande attore senza un buon regista alla base è materiale di poco conto, ma pure il film di un ottimo regista senza degli attori all'altezza lascerebbe a desiderare. Non è assolutamente questo il caso, e del resto con un cast che comprende attori come Dennis Hopper e Isabella Rossellini, difficile rimanere delusi. La colonna sonora, come si è detto, è contestuale al film dal momento che, avendo la vicenda come proprio centro le sventure di una cantante, anche le scene musicali acquisiscono una certa importanza. Anche i brani originali, tuttavia, si adattano complessivamente bene alle scene enigmatiche e coinvolgenti del film. Da lodare è infine la capacità di coinvolgere lo spettatore che presenta questo film. Potrete controllare l'orologio per un paio di volte nella prima mezz'ora. La volta seguente lo farete a venti minuti dalla fine, chiedendovi come possa essere passata un'ora abbondante in modo così assurdamente svelto.

E qui giungiamo ad un altro punto fondamentale: il genere del film. Ci troviamo davanti ad una trama che è indubbiamente permeata di spirito thriller che più puro non si può, tuttavia non possiamo negare la presenza di una certa rilevanza data alla formazione dei protagonisti, a mo' di romanzo di formazione in un certo modo, e anche una certa componente erotica e di denuncia sociale. Insomma, intorno ad un corpo profondamente radicato nel thriller troviamo spunti di tutt'altra natura, che vanno a dipingere sfumature diversificate sull'impianto generale dell'opera. Le scene di suspense non mancano, ma non sono certo ridondanti, in quanto sapientemente sono separate da sezioni che sanno quasi di serie tv americana, molto più frivole e leggere, nonché semplici dal punto di vista formale. Un film equilibrato, dunque, forte anche, infine, di una componente di indagine psicologica sui personaggi da non sottovalutare: ci troviamo innanzi a scene che giustamente portano gli ingenui (ma neanche tanto) protagonisti del film a chiedersi perché il mondo sia così assurdo, ingiusto, sbagliato, se vogliamo. Tali situazioni sono spesso dettate dall'incoerenza, dalla follia e dalla disperazioni di persone che si trovano in situazioni estreme, di dolore o di potere. Sono questi i principali ingredienti che rendono una persona poco equilibrata, e nel film ne troviamo un'abbondante manciata che fungono da elemento esemplificativo di assoluta qualità.

Per quanto quest'opera offra indubbiamente alcuni spunti interessanti da quest'ultimo punto di vista, viene da chiederci però che cosa voglia rappresentarci oltre ad un ottimo thriller formalmente eccelso e sostanzialmente ben orchestrato. I più evidenti messaggi metaforici danno luogo a scene che non sono certo tra le più originali o affascinanti, ma la sensazione generale è che, in caso volessimo individuare un aspetto carente in questo film, potrebbe essere questo. Non che tutti i film debbano essere metafisici, per carità, ma Velluto blu dà in generale l'impressione di essere un ottimo thriller ben pensato, contaminato con maestria e realizzato divinamente, che però si ferma alla sua dimensione terrena e non ambisce a particolari meta-riflessioni (eccezion fatta per la componente psicologica di certi personaggi). Peccato, ma non dobbiamo farne un dramma, giacché ci troviamo ugualmente davanti ad un film che merita assolutamente di essere visto e che saprà sicuramente lasciarvi quel qualcosa di irrazionalmente prezioso che i grandi film sanno regalare ad ogni modo.

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