Mi dicono che sono nostalgico, ma non è proprio così... Ecco, diciamo che ho un lungo tempo di elaborazione.
A volte mi ci vogliono settimane, mesi o addirittura anni prima di accorgermi della preziosità di un momento vissuto o di un'esperienza.
Per quanto riguarda i film visti, i libri letti, i panorami ammirati o, come in questo caso, la musica ascoltata questo è per me ormai la norma, e non mi stupisco più se durante la giornata, mentre sto lavorando al PC, la mia mente inizia a vagare per territori lontani ma già conosciuti.

Oggi mi è capitato con quel lontano concerto, il primo vero a cui io abbia mai assistito (se escludiamo la triste parentesi di quel concerto dei Gemboi e Cristina D'Avena nel parcheggio dell'Ipercoop qualche anno prima...).
Avevo, ancora per poche ore, 15 anni e quella era per me l'estate dopo la 1^ superiore. Iniziai ad ascoltare Davide Van De Sfroos all'età di 10 anni, nel 2001/02, dopo che mio padre lo scoprì per caso, facendo zapping un venerdì sera e vedendo uno speciale sul cantautore su Rai 2. Mio padre si comprò tutti i CD pubblicati all'epoca, ovvero Breva e Tivan, ...E semm partii, il doppio disco dal vivo Laiv e l'EP Per una poma, e io ricordo distintamente un sabato pomeriggio, prima di andare a catechismo, quando ascoltavo Caino e Abele seguendo con attenzione la traduzione del testo sul booklet.

Nel 2007 io Davide lo conoscevo da un bel po', e quella volta con mio padre e mio fratello abbiamo raggiunto la vicina Bobbio per vederlo per la prima volta dal vivo.
La situazione era molto rilassata, ben diversa dall'organizzazione in grande stile che avrei percepito in occasione di un altro concerto durante il Yanez Tour nel 2011.
Il disco Pica!, da molti reputato il capolavoro di Van De Sfroos, sarebbe uscito solo nel febbraio successivo, più di 6 mesi dopo quel concerto: la fama nazionale di cui godeva non aveva ancora raggiunto la vetta del mainstream ma era ancora dovuta principalmente al passaparola.
Fu molto facile per me raggiungerlo quindi prima dell'inizio del concerto, mentre conversava con qualcuno del suo staff accanto allo stand del merchandising, per porgergli timidamente il libro Il mio nome è Herbert Fanucci da lui scritto e pubblicato nel 2005, e chiedergli un autografo per poi fuggire imbarazzato.
Lo trovai freddo e sbrigativo, senza il minimo sorriso o cenno di interesse nei miei confronti. Solo qualche anno dopo, incontrandolo di nuovo, avrei capito che il suo carattere non era quello istrionico ed espansivo che ero abituato a vedere nei video dei suoi concerti su Youtube: il suo carattere introverso e schivo, da poeta quale è, era da me facilmente percepibile come una mancanza di cortesia. Come avrei potuto facilmente capire sulla mia pelle, spesso gli artisti portano maschere per nascondere al pubblico le proprie amarezze, e solo dopo anni avrei appreso della sua depressione, che lo portava a volte ad essere così freddo e distaccato e altre ad essere preda della propria eccessiva emotività.

Tornato al posto, passarono solo poche decine di minuti. Davide salì sul palco e il suo volto aspro mutò diventando subito concentrato ma sereno.
Iniziò parlando alla platea, tutt'altro che gremita, della formazione sul palco in quella serata: sarebbe stato un concerto in "versione quattro gatti", sia per la presenza di altri 3 musicisti con lui sul palco che per la modestia del pubblico, cioè circa un centinaio di persone.
Seduto come noi sulla sua sedia, iniziò ad introdurre il primo brano con i suoi racconti semplici e al contempo pieni di dettagli divertenti. Da quel momento l'intimità che si andò a creare tra il complessino sul palco e il piccolo gruppo di persone davanti al palco rese la serata carica di un'atmosfera particolare.

Non ho una scaletta precisa dei brani che furono eseguiti, ma ricordo bene:

  • il mandolino suonato da Angapiemage Galiano Persico, violinista e ormai storico compagno di viaggio di Davide, sull'introduzione di ...E semm partii;
  • la lunga e divertente introduzione di un'inedita Ballata del Cimino, con risate a profusione sulla parte in cui il protagonista del brano spiega ai finanzieri che se si trova in mutande in una valle è perchè stava "praticando autoerotismo";
  • l'intervento invadente di una coppia di ubriaconi/punkabbestia che richiedevano a gran voce Il duello (che Davide non fece);
  • l'esecuzione di almeno un paio di altri pezzi inediti che sarebbero stati pubblicati su Pica!;
  • i taccuini sotto la sedia e la scatola da 6 bottiglie di vino rosso aperta durante i suoi racconti.

A termine concerto, ebbi l'impressione di aver partecipato ad una di quelle serate in cui non conosci i presenti ma ti senti comunque accolto.
Ancora oggi lo reputo uno dei concerti più coinvolgenti a cui abbia assistito, in cui il cantastorie del lago ha dato prova delle sue abilità di showman e di poeta quando ancora eravamo in "pochi" (qualche decina di migliaia?) in Italia a conoscerlo e ad apprezzarlo.

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