È da tempo che non mi faccio sentire (che è meglio, bercerà subito qualche genio). Sì, insomma... vabbé, tanto che cazzo ve ne frega... comunque, il punto è che la mia fidanzata storica mi ha mollato per un altro. Più alto, più biondo, più ricco. Ma che, soprattutto, si fa la doccia addirittura tre volte a settimana. Mesi difficili, mesi di merda: mesi dove ho trovato conforto in sorella morte, nell'ascolto di tanto buon Death Metal. E allora, per il ritorno della creatura immonda che è il sottoscritto, fa al mio caso la mia band preferita, la band che mio padre sceglieva per cantarmi la ninna nanna: i Death di Chuck Schuldiner.

Siamo agli inizi del 1990 e la Mente ha le idee molto chiare sull'impronta sonora che vuole imprimere al suo gruppo. I precedenti "Scream Bloody Gore" e "Leprosy" rappresentano due voraci colate di lava, la fase più intransigente, violenta e compatta dei Death; è ora di cambiare strada. Chuck chiama a sè James Murphy (che nello stesso anno farà venire gli Obituary collaborando alla stesura de "Cause of Death"), un chitarrista dall'approccio nettamente più melodico rispetto a Rozz, e inizia il cammino verso quel sound ipertecnico e ricercato che diventerà da qui innanzi il marchio di fabbrica della band di Orlando.

Oltre ai suoni cambiano anche la produzione, più curata, e soprattutto i testi: messi da parte l'horror e il gore, si trattano temi di rilevanza filosofica e sociale come l'aborto, l'abuso di droghe, il pericolo di un progresso scientifico senza controllo. Non lasciatevi però trarre troppo in inganno: siamo di fronte ad un disco oggettivamente devastante, suonato con una cura e una precisione a tratti maniacali. Gli assoli delle due chitarre? Eterni e complessi come mai si era udito in precedenza nel gruppo di Evil Chuck.

Di guarigione spirituale si parla nel titolo; e l'artwork raffigura una critica diretta verso quei falsi guaritori, quei falsi santoni STRONZI che vogliono porre rimedio con la loro "magia" a malattie incurabili. Fa da contorno una folla incredula e in visibilio per questo apparente risanamento; una pesante invettiva verso ogni forma di religione.

Il logo della band non a caso pende sopra una parte della folla di ossessi, e quelle gocce di sangue intendono lordare e insozzare l'isterica scenetta. Per una purificazione maligna, stavolta.

È il disco della svolta, il disco che precede il più grande album Death metal della storia ("Human"), nonché "Individual Thought Patterns" e "Symbolic": Bibbia, Vangelo e Sacre Scritture per qualunque adepto alla fede del Metal pesante. Un'opera di transizione, come si dice sempre, per rifilarle poi un voto piuttosto basso: CAZZATA, perché questo è l'ennesimo (il terzo, per la precisione) capolavoro. Un solo difetto ha "Spiritual Healing", ossia il suono della batteria di Bill Andrews: un suono da loffa. Non oso neanche immaginare il risultato finale se dietro le pelli ci fosse stato l'Orologio Atomico che porta il nome di Gene Hoglan.

Otto brani: sette pianeti che ruotano attorno all'astro della title track. 7 minuti e 44 secondi di paura-panico. Un incedere selvaggio, inarrestabile, con la voce maligna di Chuck che esplode nell'urlo demoniaco SPIRITUALLL HHHEALING: ad ogni ascolto mi sovviene di guardami alle spalle, col timore che qualche psicopatico stia per dilaniarmi. Pochi cazzi: una delle canzoni più estreme mai scritte dai Death.

E che dire di "Killing Spree"? Un sigillo al disco che molti gruppi si sognano, costruita com'è su un continuo gioco di tensione accumulata e rilasciata: un gioiellino del firmamento. E poi "Within the Mind": un pezzo letteralmente commovente, a partire dall'intro che ricorda "Zombie Ritual"... quando moriamo continuiamo a esistere nei nostri cari, nei ricordi altrui, e nelle tracce che lasciamo del nostro passaggio... e che parole ci hai lasciato, Chuck...

This power lies within the mind

Gain wisdom through abilities

Change what's to come in future times

Avoiding pain and misery...

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