Sono le 23.50 circa e guido la mia auto sull'A1, di ritorno da Bologna assieme ad un amico. I Deep Purple ci hanno appena steso il cervello coi loro riff taglienti.

Avevamo passato il pomeriggio ad ipotizzare che tipo di concerto avremmo visto. Ci aspettava l'apertura dei Pretenders, la guest band, dei quali non fregava nulla, ma proprio nulla, a nessuno dei pochi presenti (pessimo il momento in cui la 47enne cantante Chrissie Hynde si è rivolta stizzita al pubblico strafottente con: "Do you know who we are? We are the Pretenders, you know?" e poi ancora più stizzita ha intonato un paio dei loro hit, tra i quali spicca la melensa "I stand by you", per smuovere l’inerte platea).
Ci si chiedeva come avrebbe potuto Don Airey sostituire alle tastiere il mostro sacro John Lord. Beh, ero sicuro che ci sapesse fare, non suoni coi Rainbow, Whitesnake, Michael Shenker, Ozzy Osbourne, Cozy Powell etc, se non hai due palle così! Ma non mi sarei aspettato mai nulla di quello che stavo per sentire-udire.
Conoscevo bene il loro ex-nuovo chitarrista (ormai 4 anni con loro), il semi-dio Steve Morse per averlo ascoltato a lungo sia con i Dixie Dregs che con la Steve Morse Band, ma anche in questo caso il mio palato verrà per bene soddisfatto e stupito dalla sua tecnica sopraffina e dalla sua modestia e simpatia contagiante. Ho anche pensato che avesse una paresi, dato che è stato sorridente per tutto il tempo dell’esibizione!

I Purple avevano provato anche Joe Satriani per sostituire Blackmore (un tour in Giappone e uno in Europa, purtroppo senza documenti audio-video ufficiali) prima di scegliere lui, che, per dirlo con le parole di Ian Paice, "è veramente un mostro di professionalità e bravura, e la sua modestia è pari solo alla sua infinita tecnica".

Il concerto inizia alle 22.00 circa e terminerà nel breve spazio di un ora e trenta minuti.
L'inizio è subito da brividi perché quegli scatenati vecchietti ci propongono subito, tra urla di gioia e gemiti di godimento, la maestosa "Highway Star", purtroppo rovinata da un service incompetente che ha sparato a mille il volume di Roger Glover e mortificato la chitarra di Morse. Spero che tu stia leggendo, stupido bastardo!
Il suono si aggiusterà di li a breve, ma ci siamo persi l'assolo del sorridentissimo e posato Morse.

Il concerto scivola via veloce, troppo veloce, e i circa mille presenti si godono tutte le leggendarie tracks dei Purple, da "Hush" a "Lazy", da "Smoke on the Water" all'incredibile interpretazione di "Speed King", a mio parere la migliore performance.
C'è spazio anche per i brani del disco in uscita quest'estate, tra i quali mi ha colpito "I Got Your Number".

Cosa altro dire? Ian Gillan ha perso molta della sua dinamica vocale e i suoi storici acuti in falsetto oggi sono un po' soffocati. In compenso conserva ancora uno charme invidiabile.
Paice e Glover sono due automi, il tempo non li può fermare, loro avrebbero suonato ancora per altre tre ore.
Airey si concede il lusso di donarci l'apice del concerto, un misto di stupore per la sua bravura (spazia indifferentemente dalla classica al jazz allo sperimentale all'hard senza timore) e ilarità quando intona un motivetto popolare nelle nostre zone: "A soun stè alà féra ed San Làzer" (sono stato alla fiera di San Lazzaro, la quale è cantata in dialetto bolognese).

Morse è un semi-dio e questo basta per dirvi cosa può combinare. Ormai sono le 00.21, sono arrivato a casa, parcheggio in garage a vado a coricarmi. Buonanotte e profondi sogni porpora a tutti!

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