In ogni classifica dei cento album perfetti, dei venti capolavori del rock, dei dischi migliori di tutti i tempi che si rispetti ci sono opere che devono essere necessariamente presenti (Velvet Underground & Nico, Marquee Moon dei Television e via dicendo) ed altri capolavori che altrettanto regolarmente ne vengono esclusi: perché minori, vuoi per importanza, vuoi perché storicamente non li ha cagati mai nessuno, vuoi (e a questo punto comincio a sospettarlo) per una qualche strana forma di scaramanzia e boicottaggio.
È il caso di questo album, storico e bellissimo per tanti, troppi motivi. La Swingin’ London anni ’60 era una circo festoso, una girandola di artisti, pazzi, sognatori: tra questi, girava un chitarrista che era già stato definito come Dio, tale Eric Clapton, ex Yardbird, ex Bluesbraker, ex Cream; il signor Clapton se la giocava alla pari con gente tipo Townshend, Peter Green e forse era secondo solo a mr. Hendrix, verso il quale aveva un evidente complesso di inferiorità (ad ogni modo, il nero di Seattle dichiarò di aver fondato la Experience influenzato proprio da Cream e che Clapton era l’ unico chitarrista che lo impressionasse). Alla fine degli anni ’60, Clapton è fuori dai Cream, e fonda un altro supergruppo, i Blind Faith: realizza un ottimo album al quale seguirà un tour dagli esiti tutt’ altro che eccezionali, ma che comunque consoliderà la sua fama di genio della sei corde. Sarebbe l’ora di dare alle stampe un album solista, gli dicono i discografici: ma Clapton, già mezzo devastato dall’alcol, complice la sbornia di successo, non ci sta, e si rifugia in un gruppo di perfetti sconosciuti amici suoi, Delaney & Bonnie (in effetti, nel ’70 inciderà un album a nome Clapton, in realtà è un disco attribuibile al suddetto gruppo).
Nel frattempo, continua le sue frequentazioni eccellenti del gotha del rock: tra questi, c’è anche il suo amico fraterno George Harrison, col quale aveva collaborato in “While my guitar gently weeps” forse per ricambiare il regalo di “Badge”. E capita che Eric Clapton, animo sensibile, timido e fragile, si innamori della bellissima moglie dell’amico, Patty Boyd, che il beatle aveva conosciuto sul set di “A hard days night”: la signora in questione ha ispirato a George “Something” e “Here comes the sun”, e leggenda vuole che pure Lennon si fosse invaghito di lei. Eric comunque non è ricambiato, e forse questo è uno degli elementi che lo porta ancor più sull’orlo dell’abisso: non gli resta che tramutare, da bluesman quale è, tutto il suo inferno interiore in musica.
Slowhand nel ’70 incide i brano di questo eccezionale “Layla and other assorted love songs” insieme ai Delaney & Bonnie, album definitivo e compendio irripetibile di rock-blues complementare al “Live at Fillmore” degli Allman bros. E guardacaso, proprio Duane Allman viene chiamato alla corte di Clapton a fargli da “spalla” (e che spalla!) con la sua slide, e probabilmente al magico intreccio di suoni creato da questi due fenomenali musicisti è da attribuire la bellezza di quest’album.
Questo doppio è una lunga e straziante lettera d’amore alla sua musa Patty, alias Layla, dalla prima canzone all’ultima: a partire dal bel blues-rock “I looked away”, biglietto da visita che poco lascia presagire di quello che ha da offrire, e si ricorda se non altro per l’assolo morbido e lancinante che Clapton ci regala; “Bell bottom blues” d’arrivo inaugura il fuoco di fila che è questo disco: è uno straziante blues, costruito su un lento e dolce arpeggio che sfocia in un ritornello in crescendo, con la elettrica che urla il dolore di Clap per la perdita del suo amore (le augura di trovare “a better loser”) e che gira su note alte e lancinanti, utilizzando spesso e volentieri gli armonici; “Keep on growing” e “Anyday” dal canto loro sono due rock lunghi, stradaioli in cui le chitarre di Eric e Duane volano alto, potenti ed energiche, per sei minuti e mezzo per pezzo, e sembra che potrebbero continuare all’infinito supportati come sono da un’ottima sezione ritmica; “Nobody knows you when you’re down and out” è quasi un sinistro presagio sotto forma di blues, è Clapton che prevede che tra poco sarà inghiottito dal vortice di alcol ed eroina, e che sarà messo ai margini del music business per quattro anni, il tutto supportato da una chitarra tossica ed affossata; “I am yours” è slegata dal contesto blues dell’album, essendo una ballad quasi caraibica dedicata alla sua amata Patty, ennesima riconferma che “lui è suo per sempre, non importa quanto siano lontani”, con una chitarrina che sembra quasi uscita da un brano di Santo & Johnny; “Keys to the highway” è un autentico, mastodontico, a qualcuno probabilmente indigesto pezzo blues di nove minuti con i nostri eroi che srotolano note su note, che avvolgono, stritolano e spremono fino all’ultimo suono da una pentatonica blues: una botta non indifferente.
Il meglio deve ancora venire: “Tell the truth” è uno scherzo, che sbocca in un pezzo southern e vira su di un classico tema rock; “Why does love got to be so sad” sembra uscito dalla penna di Peter Green, ed è un gioiello di composizione, con inizio accelerato e lisergico ed assolo a seguire, per poi confluire in un memorabile ed esemplare intreccio chitarristico che va rallentando sempre più, fino a terminare in una manciata di calde e suadenti note. “Have you ever loved a woman” si inserisce nel solco della traccia numero 4 ed è quella con più riferimenti alla sua situazione amorosa (but all the time you know that she belongs to your very best friend); segue il grandioso e sentito rifacimento della hendrixiana “Little wing”, omaggio all’amico/nemico di recente scomparso: questa versione non è neanche lontanamente rapportabile a quella originale, è semplicemente diversa, con Slowhand che per farla sua la porta sui terreni più umani del blues e ci ricama sopra con linee sognanti, come lui sa fare.
Ed è giunta l’ora del pezzo da novanta, che vale una carriera: “It’s too late”, pezzo che non avrebbe sfigurato nel film “American Graffiti”, ci porta dritti ad uno dei più bei riff di tutti i tempi. È l’ora di “Layla”. L’intro, violento e memore dei tempi dei Cream, segnerà una generazione di chitarristi; l’interpretazione di Clapton è memorabile; il suono, caotico, magmatico e ai limiti della psichedelica, è espressione massima dei tormenti del giovane dio della chitarra, che si spinge ai limiti del noise e della distorsione; e tutto questo atterra poi in tre minuti e mezzo di tenera e malinconica ballad finale condotta per piano e chitarra slide. Miracolo.
“Thorn three in the garden” è la chiusura perfetta, ed è sorprendente scoprire che è opera del pianista Whitlock, e non di Clapton, perché il suo arpeggio è summa perfetta dello spirito di questo disco. Toccante, a dir poco. Il disco diventerà quello che si chiama un cult: ovvero, all’inizio non venderà una copia (anche perché, per timidezza, o forse per capire se la gente comprasse i suoi dischi perché effettivamente belli o solo perché opera di “uno famoso”, uscì a titolo dei “Derek and the dominos”), poi la sua fama andrà crescendo.
Clapton e soci segneranno una serie memorabile di concerti, e pianificheranno per un seguito; Eric poi (leggenda vuole proprio alla title track) strapperà dalle mani di George la bella Patty, che sposerà in seguito. Insomma, tutto perfetto: non fosse che Duane Allman morirà di lì a poco in un incidente motociclistico, e quindi la band si scioglierà, e che Patty non è l’angelo che sembrava. La loro sarà una storia d’amore tormentata, e Slowhand entrerà nel vortice dell’alcol e dell’eroina. Ma questa è un’altra storia…
Elenco tracce testi e video
01 I Looked Away (03:07)
She took my hand
And tried to make me understand
That she would always be there
But I looked away
And she ran away from me today
I'm such a lonely man
It came as no surprise to me
That she'd leave me in misery
It seemed like only yesterday
She made a vow that she'd never walk away
She took my hand
To try to make me understand
That she would always be there
But I looked away
And she ran away from me today
I'm such a lonely man
And if it seemed a sin
To love another man's woman, baby
I guess I'll keep on sinning
Loving her, Lord, to my very last day
But I looked away
And she ran away from me today
I'm such a lonely man
03 Keep On Growing (06:22)
I was laughing
Playing in the streets, I was unknowing
I didn't know my fate
Playing
The game of love but never really showing
I thought that love would wait
I was a young man and I was sure to go astray
You walked right into my life and told me, 'love would find a way'
Keep on growing, keep on going, keep on flowing
I was standing
Looking at the face of one who loved me
Feeling so ashamed
Hoping
Praying, Lord, that she could understand me
But I didn't know her name
She took my hand in hers and then told me I was wrong
She said, 'You're gonna be alright, boy, whoa, just as long..'
Keep on growing, keep on going, keep on flowing
Yeah, yeah, yeah
Baby
Baby
Someday, baby, who knows where or when, girl
Just you wait and see
We'll be walking
Together hand in hand alone as lovers
Will it still be me?
Times gonna change us, Lord, and I know it's true
Our love's gonna keep on glowing
And growing is all we're gonna do
Keep on growing, keep on glowing, keep on flowing
Yeah, yeah, yeah
04 Nobody Knows You When You're Down and Out (05:00)
Once I lived the life of a millionaire
Spent all my money, I just did not care
Took all my friends out for a good time
Bought bootleg whiskey, champagne and wine
Then I began to fall so low
Lost all my good friends, I did not have nowhere to go
If I get my hands on a dollar again
I'm gonna hang on to it 'til that eagle grins, yeah
'Cause no, no, nobody knows you
When you're down and out
In your pocket, not one penny
And as for friends, you don't have any
When you finally get back up on your feet again
Everybody wants to be your old long-lost friend
Said it's mighty strange, without a doubt
Nobody knows you when you're down and out
But when you finally get back up on your feet again
Everybody wants to be your good old long-lost friend
Said it's mighty strange, yeah
Nobody knows you
Nobody knows you
Nobody knows you when you're down and out
06 Anyday (06:37)
You were talking and I thought I heard you say
"Please leave me alone.
Nothing in this world can make me stay.
I'd rather go back, I'd rather go back home."
But if you believed in me like I believe in you,
We could have a love so true, we would go on endlessly.
And I know anyday, anyday, I will see you smile.
Any way, any way, only for a little while.
Well someday baby, I know you're gonna need me
When this old world has got you down.
I'll be right here, so woman call me
And I'll never ever let you down.
Chorus
And I know anyday, anyday, I will see you smile.
Any way, any way, only for a little while.
To break the glass and twist the knife into yourself;
You've got to be a fool to understand.
To bring your woman back home after she's left you for another,
You've got to be a, you've got to be a man.
Chorus
Anyday, anyday, I will see you, I will see you smile.
Any way, any way, only for a little while.
Anyday, anyday, I will see you smile.
Any way, any way, just for a little, just for a little while.
07 Key to the Highway (09:40)
I got the key to the highway,
Billed out and bound to go.
I'm gonna leave here running;
Walking is most too slow.
I'm going back to the border
Woman, where I'm better known.
You know you haven't done nothing,
Drove a good man away from home.
Live Verse: When the moon peeks over the mountains
I'll be on my way.
I'm gonna roam this old highway
Until the break of day.
Oh give me one, one more kiss mama
Just before I go,
'Cause when I leave this time you know I,
I won't be back no more.
First Verse
Second Verse
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Altre recensioni
Di pier_paolo_farina
"Layla la canzone è un capolavoro, senza la quale 'Layla' il disco si ridurrebbe allo stato di completa soprassedibilità."
"Clapton è elegante, scorrevole e preciso, ma mi annoia pure, e da sempre."