Nonostante la loro importanza storica in suolo americano, e non solo, i Descendents risultano un gruppo sottovalutato a cui sicuramente non è stata dato il giusto riconoscimento rispetto al loro valore e ai loro meriti e alla forte influenza su gran parte di molte band future. Gli appassionati del genere, e chiunque si ritenga tale, conosce bene la storia di Milo Auckerman e soci, ma uscendo da questa spirale di nicchia, su una prospettiva globale e di massa, i Descendents risultano veramente poco conosciuti al grande pubblico.

La California degli 80's era una fucina piena e tumultuosa di band più o meno hardcore, che ancora oggi vivono nel cuore dei fan. Tuttavia la vera peculiarità che contraddistingue i Descendents è un altra. Rispetto ai vari casinisti e alla frenesia dei Black Flag e Minor Threat, loro proposero un elemento nuovo la melodia. Agli urli, preferirono il cantato insomma.

"Milo Goes To College" sotto New Alliance Records (sottocasa della SST di proprietà del chitarrista dei Black Flag) è il debutto vero e proprio, che segue un singolo e un ep. Un debut col botto, con 15 traccie esplosive e allo stesso tempo melodiche e dolci, in bilico tra un hc melodico vicino ai Bad Religion di fine decennio/inizio novanta e al british pop-punk dei Buzzcocks.

Partendo dal presupposto che nessuno inventa niente dal nulla, rimane il fatto che i quattro californiani sono gli iniziatori e i maestri insieme agli inglesi Buzzcocks, di quella forma di punk, che prende le distanze dal ceppo originale del genere, sopratutto come sonorità stemperando quest'ultime in una spirale più accogliente e ragionata, ma vedremo anche come testi.

Tornando a noi, il platter è un susseguirsi di veri e propri inni, e tra le canzoni più genuine che il punk rock abbia mai generato, e poco importa se qualche tuttologo con l'attestato al collo ha deciso che non nessuno di esse rientra in fantomatiche classiche delle 100 hit definitive della musica rock.

Si parte con la cadenzata "Myage" che già è un ottimo antipasto, che lascia intravedere cosa si ha davanti e mettendo da subito in risalto due stilemi importanti: l'ottima voce adolescenziale genuina e passionale del buon Milo e le sublimi parti di basso di Lombardo, che a volte disegnano lieti paesaggi primaverili e atmosfere sognanti e spensierate ("Bikeage"), a volte quadretti cupi e funesti ("Parents"). Il basso è l'elemento portante del marchio Descendents, nonché sfruttato in maniera eccezionale in fase di songwriting, come poche altre band in questo campo hanno fatto.

"I'm Not A Punk" nel suo incedere è quasi epica, riportando alla mente i Bad Religion di "No Control", stessa cosa che avviene all'ascolto dell'altrettanto riuscita "Suburban Home" aperta e chiusa da un breve incipit parlato.

Sull'altra riva "Catalina", "Bikeage" e "Marriage" riprendono il discorso dell'opener, essendo altamente anthemiose e cantabili, nonché il fulcro del futuro pop-punk moderno, per come è conosciuto a giorni nostri. Nonostante, qui permane una sana semplicità e spontaneità come punti cardine, che molti gruppi futuri suonando hanno dimenticato. "Jean Is Dead" con il suo urlo disperato e ripetuto "but now you're gone and I'm alone" chiude con un ultimo acuto lo show.

Nessun filler, tutti gli episodi, anche i micro-organismi ("I Wanna Be A Bear") hanno quel qualcosa che ti cattura e seduce, ma "Hope" è una gemma di inconmensurabile valore, un vero e proprio anthem storico, che si eleva su tutto e tutti, con la sua carica, che non lascia affatto indifferenti, una cavalcata epica e solare, paragonabile, tuttavia superiore a "You" dei BR. Manifesto programmatico del four-piece americano.

Che dire dei testi, se non che sono stupendi, spaccato di una società fatta dei suoi paletti e dei suoi aspetti, spesso problematici. Amore e ragazze ("Hope"), l'essere rifiutati ("Parents"), amicizia, proteste e critiche alla società, tematiche tutte filtrate e vissute in prima persona da Milo Auckerman (voce e oggi scienziato biochimico), Bill Stevenson (batteria e adesso anche ingegnere del suono), Tony Lombardo (basso) e Frank Navetta (chitarra, RIP). Una sorta di concept sull'adolescenza insomma come fa presuppore il titolo del disco e la copertina parodia dello scolaretto occhialuto Auckerman, in cui migliaia di ragazzi si possono ritrovare descritti, io in primis con mia sorpresa.

Suonato col cuore e con gli ideali, di chi al tempo credeva in certi valori. Nonché, un caposaldo del libro trentennale dell'hardcore, ecco cos'è "Milo Goes To College". Largo allo spirito giovanile, viva i Descendents.

"...I'll be there my day will come i know someday I'll be the only one..."

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