I Dire Straits sono stati un fuoco di forte e luminosissima intensità consumatosi in un tempo assai ristretto, una meteora perenne che ha riempito le radio per metà di un decennio scalando nuove classifiche ogni anno; il gruppo ha avuto un'ascesa quasi verticale considerando il passaggio dal nulla al tour mastodontico di Brothers In Arms avvenuto nel giro di soli sette anni, dal 1978 al 1985.

Dopo questo periodo di ininterrotte luci e copertine, Mark Knopfler e soci decidono di darci un taglio. Si torna così al nulla, la seconda metà degli anni 80 regala ai fans solo una raccolta, "Money For Nothing", contenente mezzo indedito (una versione live di "Portobello Belle", completamente diversa dalla versione studio) e un concerto in onore di Mandela tenutosi assieme ad Eric Clapton. Nel frattempo Mark Knopfler si cimenta con diversi progetti alternativi, quali colonne sonore, dischi incisi con altri (Chet Atkins e il gruppo dei Notthing Hillbillies) e concerti con il già citato Clapton, ma all'inizio del nuovo decennio il richiamo del mercato diventa pressante e così nasce "On Every Street", sesto album in studio dei redivivi Dire Strairs.

La tournè che ne seguirà regalerà alle folle un Mark Knopfler dai capelli ormai d'argento arrivato all'apice della sua tecnica, ma un po' in debito di sentimento. "On Every Street" non soddisfa a pieno chi per sei lunghi anni ha aspettato un nuovo album, la qualità delle incisioni è sempre eccellente ma quel che manca sono i brani indelebili, quelli che fanno sospirare d'emozione, che solitamente erano di casa in un disco dei Dire Straits. L'album ha dalla sua di essere il più vario, come generi musicali presentati, dell'intera discografia del gruppo, questo a conferma che Knopfler è ormai un maestro la cui abilità si rivela sotto varie forme.

"Calling Elvis" ha il compito di presentare al pubblico i rinati Dire Straits, una sorta di "scusate il ritardo", così come un "cercavate noi?". Il pubblico risponde più per nostalgia che per la bellezza del pezzo in sè, che in effetti pur essendo un buon ritorno sulle scene riassume perfettamente l'anima dell'intero disco, cioè "carino, ma niente di eccezionale". La title-track già convince di più, con un inedito Knopfler a cantare accompagnato dal solo pianoforte prima di lasciarsi andare in una toccante, trascinante coda strumentale.

Seguono le inconsistenti "When it comes to you" e "Fade to black", mentre "The bug" è un divertente rockabilly che troverà spazio anche durante la tournè che verrà. Più affascinante è "You and your friend", in cui si ritrovano quegli assoli capaci di toccare il cuore che tanto s'erano fatti mancare dal lontano 1985, quando chi ora ascolta questo disco ancora non aveva cominciato ad avere capelli bianchi e ballava "Walk of life" in discoteca. "Heavy fuel", secondo singolo dell'album, ripropone un po' lo stile di "Money for nothing" pur senza suonare come un'autocelebrazione. Piacevole.

"Iron hand" ha quello stile country che caratterizzerà parte della futura discografia solista di Knopfler mentre la dolce "Ticket to heaven" dona un tono romantico all'album, ampliando ulteriormente la gamma di generi presentati. "My parties" è uno dei pezzi meglio riusciti del disco, un vivace accompagnamento di ottoni colora questa canzone dall'atmosfera notturna e accesa, con la voce di Knopfler che si mantiene sulla sua linea pacata facendosi seguire da tutti gli strumenti. "Planet of new Orleans" è un altro episodio interessante, qui i Dire Straits giocano con il jazz sfornando un pezzo che sarebbe piaciuto a Sade.

"How long", infine, saluta tutti coloro che hanno seguito i Dire Straits e li hanno aspettati così a lungo e lo fa in puro stile Mark Knopfler, vale a dire schivo e tranquillo, come quando alla fine di un concerto alza il braccio per salutare la gente con un semplice gesto e un sorriso augurando a tutti la buonanotte prima di ritirarsi.

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